“Mettere insieme una coalizione che va da Renzi, Calenda al Pd fino alla sinistra, ai Verdi e a Rifondazione comunista è stato alla fine meno faticoso di un tavolo sindacale”. Inizia così l’intervista del candidato sindaco di Venezia, Pier Paolo Baretta, sulle pagine di Repubblica. Un lungo racconto a 360 gradi sul futuro della città, sulle scelte da compiere nei primi 100 giorni e sul perché di una candidatura di così alto spessore per la città.
“Vedendo Salvini passeggiare in San Marco- spiega Baretta – pensando di prendersi una città capitale mondiale di cultura e di dialogo, non potevo restare indifferente. Non l’ho cercata. Ma non si può consegnare Venezia alla Lega di Salvini e di Zaia che, con la battuta sui cinesi che mangiano i topi vivi, alimenta l’odio. Decisivo è stato avere ottenuto l’unità del centrosinistra in cui tutte le forze politiche sono convinte che occorra una visione di futuro. Il turismo ad esempio, è una risorsa, ma non può schiacciare la vita quotidiana. Numero chiuso o flussi turistici? Ne discuteremo, però Venezia è una città viva non un museo”.
Secondo il sottosegretario all’Economia per rilanciare Venezia serve un piano shock e una visione di città da qui a vent’anni. Baretta non si sottrae neanche alle domande più ostiche, quelle sulle diverse visioni della coalizione.
“Non vedo distanze così insormontabili. Bisogna togliere subito le grandi navi dal bacino di San Marco e poi discutere tutti insieme la soluzione definitiva senza pregiudizi. Sul Mose vanno fatte le verifiche su impatto ambientale e efficienza e quindi va completato con queste verifiche”.
E il futuro della città? Passa da Mestre.
L’intervista completa su Repubblica.
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