“Per le priorità servono altri 8 miliardi. E un governo”

In un intervento pubblicato dal quotidiano l’Unità l’onorevole Pier Paolo Baretta, vicepresidente della Commissione speciale della Camera, fa il punto sulla situazione economica del Paese, anche alla luce del decreto sul pagamenti dei debiti della Pa

Superate le incertezze ed i ritardi, il governo ha varato, finalmente, il decreto per i pagamenti della P.A. Vedremo, a breve, il testo e capiremo se, davvero, si fa un passo avanti sulla compensazione tra debiti e crediti o se sono del tutto scomparsi i tagli lineari… Ma, intanto, il decreto c’è. Così si risponde ad una inderogabile emergenza:una prima boccata di ossigeno per una economia agonizzante.

Ben altre  scadenze incombono. Se pure rimandiamo (e chissá se facciamo bene!) le grandi scelte ed osserviamo l’orizzonte a breve, di qualche mese, sul quale siamo tutti tarati, l’elenco delle prioritá è impressionante: il rifinanziamento della cassa Integrazione guadagni che potrebbe arrivare attorno al miliardo; la famigerata Tares. Il rinvio a dicembre di cui si parla riduce l’ingorgo, ma non il problema: sono di ieri i nuovi dati sulla pressione fiscale e le coperture necessarie al rinvio superano il miliardo; l’Iva, il cui aumento di 1 punto (dal 21 al 22%) vale 3,5 miliardi. Si aggiungano le missioni all’estero e siamo arrivati ad almeno mezzo punto di Pil (tra i6 e gli 8 miliardi circa). Dove troviamo le risorse? Con il decreto sui pagamenti aumentiamo il deficit di 0,5%’ arrivando al 2,9, cioè a ridosso di quel meno 3%, che è il massimo che l’Europa concede. Dunque, le risorse disponibili sono praticamente esaurite, ma non le esigenze economiche e sociali.

Si aprono a questo punto due strade: o una manovra o un negoziato con l’Europa. O, entrambe!

La manovra cozza contro due limiti politici. Il primo, che non c’è spazio per nuove tasse, nè centrali, nè locali. Il secondo, che una nuova spending review, a mio avviso necessaria, deve escludere anche l’ombra di tagli lineari. Il che comporta una capacitàdi scelta che questo governo (mai sfiduciato, come ha ricordato il Presidente Napolitano, ma neanche mai “fiduciato” dal nuovo Parlamento) non è in grado di fare. Solo un nuovo governo può sciogliere questi nodi.

L’altra strada, quella di alzare il tiro con l’Europa per ottenere un margine di sforamento comporta, più ancora della via domestica, un governo autorevole, pienamente legittimato e con più largo consenso possibile.

È probabile che ci toccherá agire su entrambi i fronti. Ma, come è evidente, torniamo al nodo del governo. La vicenda del decreto pagamenti la dice lunga su ciò. Il governo dimissionario e per gli affari correnti si presenta in Parlamento alla grande, sbloccando ben 40 miliardi ( si poteva fare di più, ma rispetto al l’immobilismo precedente….), conteggiati addirittura tutti in deficit.

Da dove deriva tanta audacia? Probabilmente dal fatto che pensavano che questo fosse il loro ultimo provvedimento, lasciando, così, un buon ricordo di sè; poco importa se al governo successivo non restava un euro da spendere. Invece, la profonditá della crisi politica ha portato allo stallo e Napolitano  tiene in vita Monti, almeno fino a metá, fine maggio. il governo Monti, giá con le valigie pronte, le deve disfare e, a questo punto, si ritrova tra le mani la patata bollente. Basti pensare che saranno Monti e Grilli a presentare alle Camere, entrò il 10 aprile, come prevede la legge, il Documento di Economia e Finanza e, a ridosso, il Piano Nazionale delle Riforme; insomma i principali documenti programmatici di politica economica.

La matassa è ingarbugliata. Le difficoltá per la formazione del governo non aiutano a dipanarla. Ma quel che è chiaro è che un nuovo voto, tra poche settimane, la aggroviglierebbe ancora di più.

Sará attorno a questi snodi, più che sugli organigrammi, le simpatie, le correnti, che, dopo la elezione del capo dello Stato, si dovrá discutere e decidere.

 

 

2013-04-07T13:18:58+02:00 7 Aprile 2013|Comunicati stampa, News|

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