Un fantasma si aggira per via Cecchini. È lo spauracchio della scissione Pd. Agitato a Roma per via delle tensioni sull’articolo 18 e del riformismo renziano. Adesso approdato, anche se con mille distinguo, nella storica sede del partito. Che fu del Pci e poi dei Ds, adesso divisa tra le anime del nuovo Pd: la sinistra, il centro dell’ex Margherita. E poi i renziani in ordine sparso, gli ex socialisti, i giovani, gli esterni. Scissione che torna a far capolino dopo le fratture emerse negli ultimi giorni in vista delle prossime amministrative. Riunione infuocata della segreteria provinciale, con Marco Stradiotto (ex Margherita, ora renziano) contro tutti. Prima la sparata contro la Legge Speciale («Così non serve»). Poi la difesa del commissario Zappalorto e l’attacco ai bilanci del Comune. Infine l’accusa alla commissione di indagine interna che non ha prodotto fin qui grandi risultati per far luce sui finanziamenti del Consorzio Venezia Nuova nella campagna elettorale del 2010. del comitato elettorale facevano parte Giampietro Marchese, Davide Zoggia, Gabriele Scaramuzza, allora segretario. «I conti son quelli», dice, «i soldi delle imprese sono stati usati per la campagna elettorale». Stop. «Ma quali sospetti, io volevo solo dire che se l’inchiesta andrà avanti il partito dovrà essere pronto a non farsi coinvolgere, perché saremo in campagna elettorale», replica il segretario Stradiotto, «quanto alla scissione non mi pare siamo a quel punto. È dibattito interno, anche se vivace». Ma la frattura tra le varie anime del Pd è sempre più evidente. Prova a ricomporla il segretario comunale (ex Ds) Emanuele Rosteghin. Che ha lanciato i «dieci punti degli Stati generali del Pd», annunciando la consultazione con la città prima delle primarie. Dal programma dovrebbe uscire la coalizione. Dalla coalizione e dal programma il candidato. Che si debba «cambiare marcia» e ringiovanire ormai lo dicono tutti. «Io non mi candido a nulla, in questa fase devo fare l’arbitro», dice Stradiotto, «chi è il mio candidato? Mi va bene il candidato che vince. Si chiami Casson o Baretta, Molina o Pellicani, a me interessa vincere. Una cosa è certa: chi vorrà fare il sindaco dovrà fare le primarie». La data non è certa, ma sicuramente sarà prima di Natale. I pretendenti? Varie ipotesi girano. e sono per ora sempre le stesse. Il sottosegretario Pierpaolo Baretta, il senatore Felice Casson, gli ex assessori Sandro Simionato, Alessandro Maggioni e Andrea Ferrazzi. Gli ex consiglieri Jacopo Molina e Maurizio Baratello, lo stesso ex capogruppo Claudio Borghello, il giornalista Nicola Pellicani. Ma la corsa ancora non è cominciata.
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