INTERVENTO
Cresce l’attesa per il voto inglese su Brexit, e il convegno di “Fondaco Europa” ne ha ben analizzato le conseguenze negative, che ricadranno su tutta Europa. Ma, perché, allora, votano solo gli inglesi? La domanda appare retorica, ma è sempre più evidente, nell’interdipendenza dei destini che caratterizza la globalizzazione, che le regole attuali della democrazia e dell’esercizio della sovranità nazionale non soddisfano l’esigenza di stabilire nuove relazioni tra i popoli, gli Stati e le Nazioni.
La maggior parte degli osservatori teme l’effetto emulazione. Già se ne parla in Svezia e all’Est potrebbero aprirsi scenari inediti, o, peggio, storicamente noti. Persino Salvini sarà tentato di proporre l’avventura di un referendum, indipendentemente dalla sua realizzazione o esito, al solo scopo di agitare le acque. E che farà Grillo, in quel frangente? Ecco perché questo referendum è profondamente sbagliato e, mi verrebbe da dire, dal punto di vista europeo… “illegittimo”. Anche perché la scelta della separazione, se prevarrà, danneggerà tutti, inglesi ed europei, ma non produrrà, perché non può produrlo, l’esito sperato. Chiediamoci: per quale motivo un’Europa mal ridotta, dilaniata da una gravissima crisi economica e sociale, aggredita da movimenti nazionalisti ed anti europeisti, non ha lasciato andare al suo destino la Grecia? Per un omaggio alla Storia?
Anche. Ma la ragione vera, incontrovertibilmente contemporanea, è che non esiste la possibilità che lo spazio europeo abbia dei vuoti. Semplicemente perché questi vuoti non ci sono. Dobbiamo, dunque, sapere che l’Europa, come non ha lasciato affondare la Grecia, non potrà abbandonare la Gran Bretagna. Il paradosso – ed è bene che gli inglesi ne siano ben coscienti – è che, dal punto di vista del destino comune, il referendum del 23 giugno è oggettivamente ininfluente. Rassegniamoci, dunque, e si rassegnino gli inglesi, l’Europa è un’entità – Grecia ed Inghilterra comprese – anche se libere, ma parziali, elezioni locali decidessero il contrario. E, allora, se l’Europa è, oggettivamente, una “entità”, non ci resta che darle un “identità”. L’Europa è ancora il più grande mercato del mondo; un’area economicamente “agiata”; l’Euro è una moneta giovane, ma solida ed affermata; Schengen, checché se ne dica, una risorsa clamorosa. E, se le risorse che si spenderanno per fare il muro al Brennero, per ripristinare i controlli passaporti, per riadattare i computer al dopo Brexit fossero investiti per la prevenzione della sicurezza e per azioni umanitarie avremo meno migranti e meno attentati.
Un’identità europea vuol dire: Stati Uniti d’Europa. Il che significa completare, sul piano politico, l’elezione diretta del governo della Unione, già iniziata le scorse elezioni; realizzare un’area comune fiscale e di welfare; darsi una politica estera condivisa e, perchè no?, una polizia (se non ancora un esercito) europea. Ci vorranno alcuni decenni? A ben vedere non sono poi molti se pensiamo ai nostri figli e nipoti e al loro futuro. Per l’Italia, poi, non ci sono alternative. Siamo il secondo paese industriale e manifatturiero del continente, il primo al mondo per patrimonio artistico, dotato di stupefacenti risorse naturali. Siamo una piattaforma in mezzo al mediterraneo, che non è solo il mare degli sbarchi, ma è tornato ad essere il mare dei traffici.
L’Italiano è la sesta lingua più studiata al mondo, ma la prima in alcuni campi artistici, quali la musica e la lirica. E, siamo gli artefici del marchio produttivo e commerciale più conosciuto e stimato al mondo: il Made in Italy! Il nostro interesse economico, il nostro modello di crescita è tutto giocato nei mercati aperti, nell’integrazione. Se non fossimo europeisti convinti saremmo degli sciocchi o, peggio dei suicidi. Un po’ come la Regione Veneto, che invece di far leva sulla propria forza ed agire per contare di più a Roma propone un Referendum per separarsi dall’Italia..
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