Legge di stabilità 2013
relazione di Pier Paolo Baretta
La legge di stabilità 2013 si inserisce in un contesto economico e sociale particolarmente difficile.
Ce ne ha dato riscontro l’Istat, che, nella sua audizione, ci ha detto che si intravvedono alcuni timidi segnali di miglioramento della produzione industriale, soprattutto verso le esportazioni, ma che queste performance non sono ancora un sintomo duraturo di ripresa.
Il 2013, infatti, sarà segnato da una tormentata salita e, mentre il Pil scende sotto le previsioni, si registra un peggioramento del potere di acquisto, a causa di una contrazione dei redditi bassi e delle famiglie con figli. Lo stesso andamento non positivo si registra nel mercato del lavoro, con tassi non fisiologici di disoccupazione, soprattutto giovanile. Se, dunque, la stagnazione economica permane, possiamo, al contempo parlare dell’acutizzarsi di una vera e propria “questione sociale”, alla quale è opportuno dedicare una attenzione prioritaria.
I dati di finanza pubblica, peraltro, sono articolati. Se permane, cioè, da un lato, un livello di debito insostenibile (oltre il 120%) e che va costantemente aggredito con politiche eccezionali, dall’altro il raggiungimento del così detto ” pareggio” di bilancio è alla nostra portata (il governo persegue il suo raggiungimento nel 2013), il che consente, pur nella indispensabile prudenza e rigore, di disporre di margini di manovra finalizzati a politiche espansive. A questo proposito è opportuno ricordare che nella nuova stesura dell’articolo 81 (la cui applicazione stiamo, in queste settimane, definendo attraverso una legge rinforzata) non si parla di pareggio, bensì di “equilibrio” di bilancio, in relazione ad un ciclo economico avverso, quale è, peraltro, quello attuale. Ma, pur senza arrivare a questo estremo interpretativo, va ricordato che le stesse disposizioni del fiscal compact autorizzano uno scostamento dello 0,5%. In ogni caso, nell’arco del triennio prossimo, periodo di competenza della legge di stabilità, è previsto, addirittura, un avanzo di bilancio importante che può ben essere utilizzato per invertire il ciclo negativo.
Tanto più che gli effetti degli interventi fiscali previsti con la legge di stabilità, pur ispirati ad obiettivi condivisibili ed innovativi: la riduzione del carico fiscale, il contenimento dei rischi inflattivi derivanti dall’aumento dell’Iva, non raggiungono lo scopo, a causa dell’affastellarsi contraddittorio di norme i cui benefici, di conseguenza, si elidono a vicenda. E’ il caso del solo dimezzamento dell’Iva, anziché della sua, più volte annunciata, cancellazione e della, contestuale, quanto inattesa, riduzione delle aliquote Irpef, il cui segnale positivo – anche se di portata concretamente minore di quello che avrebbe avuto un intervento sul cuneo fiscale – è depresso dall’intervento eccessivamente restrittivo sulle detrazioni (retroattività, tetto e franchigia).
Sicché, fasce sociali importanti, dagli incapienti ai redditi bassi, alle famiglie con figli, non godono dei benefici prospettati ed altre, di reddito medio, vedono, dal combinato disposto dei provvedimenti, annullato il beneficio.
Una manovra siffatta denota una incertezza nella opzione dell’asse sociale a cui fare riferimento. Sia Corte dei conti che Banca d’Italia, pur con argomenti differenti, lo evidenziano e, come si è visto dalla stessa dinamica con la quale sono avvenute le decisioni del governo, comprovata dal fatto che alle stesse parti sociali, consultate poche ore prima del Consiglio dei ministri, era stata comunicato l’intervento completo sull’Iva e non quello parziale sull’Irpef!
E’ questa stessa incertezza che presiede alle scelte sui tagli di spesa, dalla sanità alla scuola, dalle cooperative sociali alla previdenza.
Questa incertezza va superata attraverso gli opportuni correttivi a questa legge di stabilità, che proponiamo di effettuare d’intesa col governo.
Per adottare questa linea di miglioramento dei contenuti della legge di stabilità, è opportuno definire le priorità sulle quali vogliamo intervenire.
Ma, prima, è necessario chiarire la questione delle risorse disponibili. Si è detto, infatti, in questi giorni, che il criterio di fondo per accedere ad una modifica dei contenuti è il rispetto dei saldi. E’ un criterio che noi abbiamo ribadito sin dal primo giorno e che ha ispirato anche le dichiarazioni del governo, in particolare del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’economia.
E’ bene, però, definire chiaramente e preliminarmente l’ammontare di questi saldi. Per dirla, cioè, chiaramente: esistono ulteriori risorse disponibili che possono consentirci di meglio operare nel riequilibrare i pesi e le misure di questo provvedimento?
Il ministro Grilli ha parlato nei giorni scorsi sulla stampa ed anche ieri in audizione di un fondo dell’ammontare di circa 900 milioni, se si tratta di quello previsto all’art. 8, vanno discusse meglio le finalizzazioni. Il sottosegretario all’economia ha accennato alle risorse rinvenienti dai minori interessi che pagheremo a fronte dell’abbassamento dello spread; è vero che sono di difficile contabilizzazione immediata, ma sono, però, un polmone da non sottovalutare.
Al tempo stesso ricordo che già il precedente governo diede vita ad una commissione, presieduta dal sottosegretario Vieri Ceriani, sulla riorganizzazione delle detrazioni e deduzioni. Il risultato a cui è pervenuta la commissione stima in oltre 700 le voci ed in circa 250 miliardi le mancate entrate per lo Stato. Non si tratta di farsi la bocca buona, anche perché una materia di questo tipo è da collegare alla delega fiscale, ma è del tutto evidente che mette in una diversa luce tutta la logica dell’intervento sul capitolo detrazioni e deduzioni, consentendoci sia di far fronte, con opportune scelte, alla emergenza, sia di procedere in maniera selettiva e non… lineare.
Non va nemmeno dimenticato il lavoro affidato al dottor Giavazzi, circondato da un inutile alone di mistero, che, finalmente, il ministro Grilli, ieri, ha promesso di svelare nei prossimi giorni. Delle due l’una: o i risultati di questa ricognizione non danno risorse ed allora conviene chiudere definitivamente il dossier ed evitare l’ulteriore accumularsi di aspettative, o danno risultati inferiori, anche sensibilmente, a quelli attesi; in questo caso si riversino nella legge di stabilità per concorrere a risolvere i problemi sopra descritti, con attenzione al fatto che la loro destinazione sia coerente con la loro origine.
Infine, ripropongo alla nostra attenzione le considerazioni che ho fatto sopra sui margini previsti dal fiscal compact.
Come si può vedere esiste una gamma di possibilità che ci consente, se c’è volontà di agire, in maniera sufficiente anche nel delicato e controverso capitolo delle “coperture”.
In ordine alle priorità dell’intervento migliorativo da effettuare, possiamo individuare i seguenti capitoli:
FISCO. Gli effetti della manovra sono già stati analizzati, per correggerli è necessario prioritariamente rispondere ad alcune domande:
1) Un intervento sulle due aliquote Irpef, così articolato, consente un effetto realmente positivo di sostegno ai redditi e sul potere di acquisto delle fasce più esposte o non rischia di disperdersi, tanto più che premia tutti i cittadini, anche i più abbienti?
2) Un intervento così restrittivo sulle detrazioni, oltre a ridurre ulteriormente gli spazi dell’intervento sull’Irpef e, palesemente contraddire il patto Stato cittadino, non è, di per sé, penalizzante proprio dei ceti medi e medio bassi, che più concorrono al sostegno della economia?
3) Una riduzione di un solo punto dell’Iva, che andrebbe in vigore dalla metà del 2013, quali effetti inflattivi e di ulteriore depressione dei consumi comporta?
4) A fronte di questi interrogativi si impongono scelte nette ed alternative tra loro, per ottimizzare l’efficacia delle correzioni necessarie o si intravvedono soluzioni che restano in equilibrio tra le diverse voci?
E’ prematuro indicare le soluzioni, ma non decidere le strade da imboccare.
RIDUZIONI DI SPESA: gli interventi su enti locali e sanità si aggiungono a quelli già decisi precedentemente e pongono seri problemi di tenuta dei servizi essenziali o di ulteriore ricaduta negativa (come ha rilevato la Corte dei Conti) sulla fiscalità locale. E’ ormai da tempo maturo un intervento di allentamento del Patto di stabilità e mi chiedo se non sia questa la occasione, anche in relazione ad una risoluzione in discussione in Commissione Bilancio, di intervenire adottando misure che mettano gli enti locali virtuosi in condizioni di meglio operare.
Particolarmente delicata appare la questione della scuola. Ai tagli previsti dalla Spending review si aggiungono ulteriori ed ingenti risparmi che sono indirizzati a nuovi impieghi attraverso un piano di valorizzazione della edilizia scolastica. Ma ciò avviene attraverso un intervento chiaramente ordinamentale, quale è la modifica dell’orario degli insegnanti.
Non spetta alla legge di stabilità decidere la riforma della organizzazione della scuola!
In sede di valutazione del “contenuto proprio” questa norma ha superato il vaglio di ammissibilità in quanto prospetta anche un rilevante impatto finanziario, ma è fuori dubbio che è consigliabile che il governo desista, in questa sede, dall’operare un intervento così esplicitamente riorganizzativo. Spetta comunque alla legge di stabilità dar corso ai risparmi previsti dalla spending review.
WELFARE: sotto questo titolo sommo alcune norme da correggere o migliorare. Ne cito alcune:
Esodati: La introduzione di un fondo è positiva; ad esso vanno agganciati le nuove platee e la conseguente compiuta valutazione delle risorse necessarie, attraverso un meccanismo pluriannuale di auto alimentazione del fondo stesso.
Cooperative sociali: l’aumento dal 4 al 10% determina conseguenze rilevanti sulla competitività e la occupazione del settore. Va rilevato che dalla audizione di Alleanza delle cooperative non sussistono gli elementi di infrazione comunitaria prospettati dalla relazione di presentazione del provvedimento.
Patronati: come rilavato da reti imprese Italia e dalle organizzazioni sindacali, nonché, autorevolmente, dal Presidente Amato nel suo incarico di consulente del governo per la razionalizzazione della spesa, si tratta di un intervento improprio, ascritto alle voci del ministero del lavoro, ma indisponibile, in quanto costituzionalmente protetto.
Pensioni di guerra, lavoratori affetti dalle conseguenze dell’amianto, disabili sono categorie particolarmente svantaggiate e sulle quali non è opportuno intervenire con dei tagli, soprattutto in questa congiuntura e al di fuori di uno schema organico di razionalizzazione.
Molti altri capitoli sono positivi e va dato atto al Governo e vanno difesi.
E’ il caso del salario di produttività che rappresenta uno stimolo efficace alla ripresa e che non dovrebbe essere condizionato al raggiungimento dell’accordo sindacale, ma, come ha detto banca d’Italia, diventare strutturale.
E’ anche il caso della tassa sulle transazioni finanziarie che rappresenta un risultato che non va compromesso, come potrebbe avvenire se alterassimo eccessivamente l’equilibrio raggiunto.
Ancora, è il caso di molte spese indifferibili che completano interventi infrastrutturali indispensabili.
Come si vede il lavoro che ci attende è impegnativo. Non rinunciamo a perseguire gli obiettivi di risanamento e di risparmio e siamo disponibili in tal senso ad operare, come abbiamo già fatto nel corso di tutto il 2012, le scelte necessarie; ma siamo altrettanto determinati a dialogare col governo per imprimere una definizione equilibrata socialmente ed economicamente alla Legge di stabilità.
Il dibattito che si è sviluppato in queste ore già si cimenta sulle soluzioni da adottare, che, peraltro, si intravvedono. Ma, voglio ricordare che non siamo alla scena finale e che non possiamo, ogni mattina, scoprire un delitto e, magari, individuare l’assassino: mancano ancora otto giorni dalla presentazione degli emendamenti e più di 15 dalla conclusione dell’iter in commissione; non sottovalutiamo, nella nostra discussione e nella formazione delle nostre decisioni, questa scansione temporale che ha ritmi diversi dalle urgenze della cronaca giornalistica alla ricerca quotidiana della notizia.
Anche perché la riuscita di questo delicato intervento di restyling che ci siamo proposti sarà possibile solo se si formerà, anche con le necessarie mediazioni, una larga intesa nella maggioranza parlamentare sui risultato da raggiungere.
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