Signor Presidente, colleghi, bisognava reagire: l’esposizione del nostro Paese nei mercati internazionali era minacciata da tempo, ma quanto è successo alla fine della settimana scorsa e all’inizio di questa ha rappresentato un salto di qualità molto pericoloso. Si dice, a ragione, che si attaccava l’Italia per attaccare l’euro, ma intanto a pagare era l’Italia. Bisognava, dunque, reagire e bisognava farlo in maniera compatta, senza equivoci, senza incertezze politiche né procedurali. Di questa necessità si è fatto interprete il Presidente della Repubblica con il suo appello, al quale il Partito Democratico ha aderito non solo per rispetto, ma per l’intima convinzione che questo era ciò che un Paese maturo, una politica responsabile doveva dimostrare agli osservatori internazionali. Per questo, abbiamo consentito la rapida conclusione dell’iter parlamentare, per questo abbiamo rinunciato alla presentazione di emendamenti e di ordini del giorno. Quanto è accaduto nei mercati nei giorni scorsi è grave e non corrisponde alla realtà umana, produttiva e sociale che, ogni giorno, consente all’Italia di sopravvivere, procedere ed agire. Il popolo italiano non meritava il trattamento che la speculazione internazionale ci ha usato e, in nome di questo popolo, bisognava reagire e rappresentare, in un rinnovato orgoglio nazionale. Tuttavia, questo popolo non meritava nemmeno che, a fronte di questa prova, gli fosse propinata una manovra così iniqua, raffazzonata, rischiosa e fragile nella sua durezza; addirittura, monotona nella ripetitività delle ricette, che scaricano sui redditi medi e bassi, sulle famiglie e sui territori la scure dei tagli senza la contropartita dello sviluppo. È questo il punto politico della questione che abbiamo di fronte: il clamoroso scarto tra ciò che serve al Paese per uscire dall’angolo e ciò che è in grado di fare questo agonizzante Governo. È questa assenza di Governo, mascherata da un’esagerata produzione di decreti economici, che sta punendo i mercati. Non difendo l’operato dei mercati, penso, anzi, che siamo in ritardo: lo sono gli Stati sovrani ed i Governi, lo sono l’Unione europea e la comunità politica internazionale nella definizione di una governance più coraggiosa ed efficace, che regoli, e non imbrigli, che stimoli, e non fagociti, che accompagni, e non abbandoni gli operatori economici e finanziari internazionali, ma che distingua nettamente tra le transazioni e le speculazioni. Per questo, sarebbe stato un bene che il nostro Governo avesse posto all’Unione europea, proprio in concomitanza con questi attacchi all’Italia ed il varo di questa pesante manovra, la necessità di istituire subito un’autorità europea di controllo.
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