MESTRE «No» alla carità di Stato, sì convinto alla class action contro BpVi e Veneto Banca per vincere in tribunale, anche se bisognerà attendere anni e anni come per i crac Cirio, Parmalat e i bond argentini. Le adesioni sono già arrivate a quota 8 mila soci. Ieri, nel giardino di via Malvolti a Mestre, faccia a faccia tra decine di famiglie travolte dal crac delle Popolari e il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta. Un’assemblea dai toni infuocati che ha visto alternarsi al microfono dopo i saluti di Franco Conte, presidente Codacons regionale, e di Paolo Crivellaro, numero uno di Anla Veneto, il sindaco di Quarto d’Altino Silvia Conte che ha scandito i tempi e poi gli avvocati Giuseppe Bergonzini, Roberto Baglioni e Mauro Pizzigati. Il quadro storico l’ha tratteggiato l’avvocato Camilla Casumano, che ha ricordato le risoluzione dei crac Cirio, Parmalat e dei bond argentini, e le forti testimonianze dei rappresentanti del comitato di don Enrico Torta. «Non vogliamo che il governo utilizzi soldi pubblici per farci la carità, quello che chiediamo è un risarcimento pieno dai responsabili, visto che stiamo parlando di vere e proprie truffe, quando non addirittura estorsioni» ha tuonato in apertura Conte. «Noi partiamo dall’articolo 47 della Costituzione che garantisce la tutela del risparmio e per farlo deve esserci la consapevolezza che quelle non siano solo belle parole. Il fondo Atlante ci sarà utile perché impedirà alla Popolare di Vicenza di fallire, alternativa che si sarebbe tradotta nella quasi impossibilità di rivedere i soldi scomparsi. Certo è che bisogna fare massa critica: su 220mila risparmiatori solo sette o ottomila si sono fatti avanti, che tutti gli altri siano sotto la minaccia di fidi e finanziamenti?». Gli avvocati hanno poi illustrato quali sono le diverse strade che si possono seguire: a Vicenza, in Procura, un procedimento penale sta già raccogliendo gli episodi di truffa ed estorsione, mentre per i casi più semplici sarebbe preferibile la mediazione o la causa civile, che dovrebbero risolversi in tempi più rapidi. Gli animi hanno cominciato a scaldarsi quando, davanti ai cesti di ciliegie svuotati che il Codacons ha utilizzato per esemplificare la situazione dei correntisti, hanno preso la parola il senatore Giorgio Santini, la deputata Sara Moretto e lo stesso Baretta. I risparmiatori hanno contestato al Pd scarsa incisività e pessimo tempismo, tanto da spingere il sottosegretario del Mef a spiegare quali sono state le decisioni dell’esecutivo: «Il Governo ha chiesto alle Bcc, alle Fondazioni e alle banche popolari quale fosse la loro situazione, dato che a noi sembrava grigia – ha raccontato Baretta – proprio le ultime sono state le uniche a dire che tutto era regolare e non ci siamo fidati e abbiamo preparato il decreto, che ha sollevato il coperchio dimostrando che sotto c’era il nulla, se non il malaffare. Ora abbiamo dato il via libera alla commissione d’inchiesta non solo sulla Consob ma pure sulla Banca d’Italia, un fatto degno dei libri di storia. La palla adesso è al Parlamento che dovrà decidere tempi e modi: certo che non si potrà fare come per le obbligazioni subordinate di Banca Etruria e delle altre tre banche salvate dal crac: per quei correntisti è stato creato un fondo di 400 milioni, ma in Veneto la situazione è molto diversa e complicata e richiede un lavoro attento per ridefinire il concetto stesso di azionista».
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