Il quotidiano Europa oggi pubblica un mio intervento, che ripropongo di seguito.
La manovra finanziaria si regge su un complesso equilibrio tra differenti esigenze e spinte, ma non è un compromesso. Compie delle scelte e come tale va valutata. La prima scelta è fiscale e prevede tre passi. Il primo è quello di non aumentare le tasse. Questo avviene, innanzi tutto, attraverso la rinuncia ad operare dolorosi tagli che avrebbero avuto conseguente molto pesanti per i cittadini. Penso alla sanità.
L’allarme irresponsabilmente lanciato negli organi di stampa nei giorni scorsi sui presunti tagli alla sanità meriterebbe che qualcuno chiedesse scusa agli italiani, soprattutto ai pensionati e alle famiglie con persone malate. Ma penso anche ai Comuni. Dopo anni di tagli pesanti, che hanno inciso sui servizi e sulle imposte locali, questa volta non solo non si tagliano i trasferimenti, ma si allenta i vincoli del patto di stabilità per 1 miliardo. Un contributo diretto agli investimenti urgenti quali la manutenzione delle scuole, del territorio, delle strade che da tempo gli Enti locali chiedevano.
Il secondo passo é quello, complementare, di non aumentarle le tasse. Si è molto discusso in questi ultimi tempi delle accise come strumento di “copertura” ai provvedimenti. Recentemente se ne è parlato per il controverso caso della birra, un settore in sviluppo nel nostro paese, che, come la nautica o il mobile, risentono molto di una variazione di imposta. Il piú facile da adottare, per le ingenti entrate che assicura, è la benzina, ma è anche tra i più fastidiosi ed osteggiati.
Ma tabacco, alcolici, giochi, che pure si prestano, anche per ragioni non solo finanziarie, ad essere “tartassati”, sono ormai al crinale tra aumento della imposta e riduzione del consumo. Tralasciando ogni riflessione sulla natura di queste accise (stato etico o no; stato biscazziere o lotta alla criminalità), resta il fatto che la scelta di non agire su questo versante rappresenta una novitá rilevante sul fronte fiscale. Diverso é il caso dell’imposta di bollo che riguarda non i redditi, ma i prodotti finanziari.
Il terzo passo fiscale é la riduzione della tasse, attraverso due strade. La prima è la riduzione del costo del lavoro, che nell’arco del triennio raggiunge la cifra non marginale di 10 miliardi. Un intervento necessario e che, per come è congegnato, si prevede cresca anche di più di quanto oggi ipotizzato nel triennio e la cui distribuzione potrá (io dico: dovrà!) essere concordata con le parti sociale per individuare insieme le prioritá.
È molto importante sottolineare la triennalità della manovra, perché consente, non solo di incrementare in corso d’opera le dotazioni del cuneo con risorse aggiuntive, ad oggi non quantificabili, che potranno realizzarsi attraverso un nuovo e coraggiosa o impulso che dobbiamo dare, alla spending review, alla razionalizzazione delle agevolazioni fiscali o dalla introduzione dei fabbisogni standard. Come è altrettanto importante evidenziare la scelta, tutta politica, annunciata dal premier di dare al parlamento e alle parti sociali un vero protagonismo nella definizione della manovra.
La seconda strada è la riduzione delle tasse sulla casa, la Service tax, che supera l’Imu sulla prima casa, e la Tares, che viene dotata di un miliardo che va ai comuni perché riducano l’imposta ai cittadini. Una scelta che nella legge di stabilità affianca quella fiscale è il finanziamento degli investimenti per la crescita. Tre miliardi per infrastrutture per le grandi opere più uno per l’allentamento del patto di stabilità dei Comuni sono cifre importanti e tutte spendibili. Se si riesce, e questo è lo scopo, a far ripartire la macchina con la conseguenza che il Pil cresce e l’indebitamento tiene, i benefici andranno a tutti, ma soprattutto a chi più soffre a causa della crisi. Anche sul sociale la legge presta la necessaria attenzione rifinanziando il fondo per la non autosufficienza e le politiche sociali, ripristinato nella finanziaria dello scorso anni dopo anni di tagli di tremontiana memoria, a cui si aggiunge una nuova versione della social card.
Una “finanziaria”, insomma, di movimento quella che il governo propone. Contiene delle rassicurazioni, delle certezze e delle sfide. È soprattutto sulle sfide che dobbiamo concentrarci. Il rientro nel 3% realizzato solo qualche giorno fa è il segnale che facciamo sul serio sui conti pubblici. Dunque, una manovra espansiva è possibile. Per questo, pur nelle legittime critiche, va chiesto a tutti, parlamento in primis, forze politiche e sociali, di utilizzare al meglio il tempo che ci aspetta per migliorare, laddove serve, la manovra, ma per confermarla nel segno di stabilitá sociale e ripresa economica che la caratterizza.
Insomma, TOUT VA BIEN MADAME LA MARQUISE…?
Chi indovina cosa mi ricorda questo ottimista onorevole?