Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia con delega al sistema bancario, ieri lei ha dato parere favorevole, per conto del governo, all’ordine del giorno presentato dai deputati veneti del Pd sulle (ormai ex) popolari del Veneto. Perché?
«Mi pare colga bene la situazione che abbiamo di fronte, è un’iniziativa opportuna che segna la presenza della politica su questo argomento delicato. Io stesso l’avevo auspicato durante l’audizione in commissione in Regione».
Lo sa quel che si dice a Palazzo: un ordine del giorno non si nega a nessuno…
«Non è vero. Ne erano stati presentati 130 e la maggior parte ha avuto il parere contrario del governo. È vero che l’ordine del giorno non ha effetti pratici immediati ma si tratta comunque di un segnale politico che il governo è tenuto ad affrontare con rigore, ne va della sua credibilità».
Dunque verrà attivata la commissione parlamentare?
«Sì, al Senato, dove inizia la discussione, ci sono già diverse proposte, presentate da vari gruppi, per cui si farà. Sarà il parlamento a stabilire se si tratterà di una commissione d’indagine o d’inchiesta. Personalmente preferirei la prima perché la seconda si sostituisce alla magistratura e provocherebbe conseguenze istituzionali con Bankitalia che vanno ponderate bene. Va da sé, comunque, che la commissione sarà sull’intero sistema creditizio italiano, non soltanto sulle banche venete».
Così sarà difficile scovare i responsabili di ciò che è successo nella nostra regione.
«L’attività della commissione parlamentare, le indagini della magistratura e le azioni di responsabilità che dopo molto tergiversare saranno finalmente imposte da Atlante, combinate tra loro, ci aiuteranno a capire cosa è accaduto e a trovare i colpevoli».
Saranno estese le misure di copertura applicate alle quattro banche già fallite?
«Sì ma quelle sono, per l’appunto, fallite, il che per fortuna non è il caso della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Attenzione: non vorrei che qualcuno facesse confusione, confidando in un aiuto previsto solo nel caso in cui la situazione si facesse più drammatica dell’attuale. Il compito di Atlante è proprio quello di evitare il fallimento. Etruria era una banca importante ma piccola. Ha idea dell’impatto che avrebbe il crack della Popolare sul territorio?».
Il terzo punto dell’ordine del giorno riguarda gli interventi a favore delle imprese. Come può intervenire concretamente il governo?
«Facciamo un passo indietro. Una delle ragioni, forse la principale, per cui le banche stanno restringendo l’accesso al credito è che devono fronteggiare sofferenze per oltre 200 miliardi a livello nazionale, un dato altissimo rispetto al resto d’Europa. È chiaro che se gli affidati non pagano, difficilmente gli istituti sono propensi a crearne di nuovi. E qui interviene il governo con due misure che danno alla banca la certezza del rientro senza strozzare il debitore».
Quali sono?
«Il primo è il pegno non possessorio, che lascia il bene, spesso un macchinario, nella disponibilità dell’imprenditore che così può continuare a produrre. Il secondo è il patto marciano: riguarda gli immobili e prevede condizioni di favore per il debitore, allungando i tempi, ad esempio con il presupposto che vi siano almeno tre rate non pagate. Credo poi che Atlante, divenuto proprietario di entrambe le banche venete, potrebbe pensare ad altre misure specifiche per il territorio».
Un’ultima domanda: Zaia insiste sulla necessità di fondere Popolare e Veneto Banca. Lei è d’accordo?
«Lo dissi un anno fa e mi pare ancor oggi una delle due possibili opzioni. L’altra è un ragionamento di sistema che coinvolgendo il Banco Popolare di Verona, le fondazioni bancarie e le Bcc eviti di lasciare soli gli istituti in difficoltà».
Marco Bonet
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