Come si torna ad un confronto dialettico tra i partiti, capace di andare al di là dei facili slogan? Come si ritorna al merito delle questioni? In una domanda, come si restituisce dignità alla politica? Se ne parlerà nel corso dell’iniziativa “Dal populismo al buon governo“, organizzata dall’associazione AReS e da Comin&Partners ed in programma martedì 28 marzo prossimo a Roma (Centro Studi Americani, via Michelangelo Caetani 32, ore 17:30).
Ai lavori interverranno Marina Sereni (vice presidente della Camera dei Deputati), Ernst Hillebrand (direttore della Fondazione Ebert Stiftung), Paolo Feltrin (docente di Scienza dell’amministrazione e analisi delle politiche pubbliche presso l’Università di Trieste), Gianluca Comin (docente di Strategie di comunicazione presso la Luiss e fondatore di Comin & Partners), Francesco Occhetta (scrittore Civiltà cattolica). Il moderatore sarà Pietro Del Soldà (conduttore di “Tutta la città ne parla”, Rai Radio 3), mentre le conclusioni saranno affidate a Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia e presidente dell’associazione AReS.
“La Brexit – si legge nella presentazione dell’evento – la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane, il no al referendum costituzionale in Italia. La lettura in chiave politica del 2016 conferma l’acuirsi della distanza tra potere e società civile, tra chi governa e i cittadini. A essere messa in discussione non è solo la credibilità dei partiti politici e della loro classe dirigente, ma anche l’idea di democrazia e di rappresentatività su cui si fondano le società europee del secondo dopoguerra. Cadono gli steccati ideologici, perdono peso le identità politiche, mentre si afferma una partecipazione alla vita civile sempre più labile, basata su un orizzonte emergenziale, corporativo o soltanto localistico.
È un cortocircuito di identità e di idee all’interno del quale – anche a causa della crisi economica – si inserisce la sfida del populismo, che rigetta le tradizionali demarcazioni tra destra e sinistra per tentare di costruire nuove identità. Lo fa nel nome di un popolo, di un demos, considerato come blocco socialmente omogeneo portatore di virtù e valori morali contrapposto a una classe politica delegittimata e corrotta. Viene meno la necessità stessa della democrazia rappresentativa e si afferma un’iper-semplificazione dei linguaggi e degli stili comunicativi adottati dai leader politici”.
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