Un’azienda che agli inizi degli anni Settanta sembrava “decotta” – tanto che i tentativi di metterla in vendita erano falliti – e che nel giro di quarant’anni è diventato un gruppo attivo in oltre 100 paesi: è la prima società del mercato di riferimento a capitale interamente italiano e il secondo del comparto delle bibite analcoliche. È la storia della Acqua Minerale San Benedetto spa di Scorzè, che ha celebrato ieri i suoi sessant’anni di vita all’università di Ca’ Foscari, con una cerimonia e con una mostra allestita negli spazi espositivi dell’ateneo dedicata alla sua vicenda e intitolata “Un futuro nato da una grande storia”. È stato in particolare il presidente della società Enrico Zoppas, l’artefice principale della sua ascesa, a raccontarne i vari passaggi, stimolato in un dialogo pubblico dal giornalista Nicola Porro, davanti a una platea di imprenditori e autorità, tra cui il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, l’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan, lo stesso presidente di Confindustria Venezia Matteo Zoppas, che è tra l’altro nipote di Enrico e consigliere delegato della San Benedetto. È il 10 aprile del 1956 quando nel cuore del Parco del Sile nasce il primo stabilimento del Gruppo per l’imbottigliamento delle acque minerali di Scorzè, Fonte San Benedetto. La famiglia Zoppas – il cui campo di attività industriale sono gli elettrodomestici – entra subito nel capitale sociale, ma lascia la gestione ai soci Scattolin, proprietari dei terreni su cui sgorga la fonte. Ma la concorrenza di marchi come Recoaro, Crodo, San Pellegrino è dura. Poi nel ’71, alla morte del capostipite Luigi e la vendita della Zoppas alla Zanussi, è lo stesso Enrico ad assumersi il peso di quell’azienda in perdita, con l’amico Giuliano De Polo – poi scomparso prematuramente – e l’anno successivo l’azienda è già in pareggio. Per “saltare” il sistema di distribuzione monopolizzato dai concorrenti, Zoppas introduce il vuoto a perdere delle bottiglie di vetro. Poi, il salto definitivo, con l’introduzione delle bottiglie di plastica. Fallito l’esperimento di altri col Pvc, materiale plastico tossico, la San Benedetto introduce i contenitori in Pet, che non hanno alcun problema. E quindi realizza un sistema di imbottigliamento completamente asettico, inventa il primo tappo “apri e chiudi”, innova profondamente i suoi impianti, finché sono i grandi gruppi internazionali come Schweppes e Coca-Cola a cercare la San Benedetto per la collaborazione sul suo suolo italiano. «Un anniversario importante per un’azienda, la San Benedetto», ha dichiarato il sottosegretario Baretta, «che è diventata l’eccellenza del nostro territorio e dell’Italia intera. Sessant’anni di storia, costruita con passione, impegno e grande professionalità. Una impresa tipicamente veneta, che negli anni è stata in grado di anticipare gli scenari futuri unendo mercati, sfide tecnologiche ed ambientali, esigenze dei consumatori, conquistando sempre nuovi traguardi e nuove soddisfazioni che l’hanno resa l’azienda che abbiamo oggi davanti. Voglio ringraziare la San Benedetto per quanto ha dato al nostro territorio e alla storia industriale italiana. Dobbiamo trarre insegnamento da questa storia, per immaginare un futuro migliore, in direzione di uno sviluppo che unisca, nel Made in Italy, qualità e bellezza, che è la vera forza del nostro paese». La cerimonia di inaugurazione è stata anche l’occasione per presentare il libro, edito da Mondadori, “Un lungo sorso di freschezza” che, con i testi di Luca Masia e la prefazione di Ferruccio De Bortoli, descrive in una monografia la storia del maggiore gruppo italiano nel settore delle bevande analcoliche. (e.t.)
Scrivi un commento