VENEZIA A quanto pare la notte gli ha portato (nuovo) consiglio. All’indomani dell’incontro con Matteo Renzi sulla legge di Stabilità, il governatore Luca Zaia ribadisce «l’irritazione per l’esito pressoché nullo del vertice», ma garantisce anche «la totale disponibilità a portare tutto il proprio know how a questo nuovo tavolo tecnico sulla sanità, nella speranza di renderlo meno sterile di quanto appare in partenza» (anche se Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, assicura: «Nel 2016 vedremo già i primi risultati del percorso che abbiamo iniziato»). Ad ogni modo su quel banco saranno posti in discussione costi e fabbisogni standard, con l’obiettivo di arrivare ad applicare prezzi omogenei nel garantire le migliori condizioni di efficienza e appropriatezza, quando invece attualmente uno stent coronarico viene pagato 196,56 euro in Veneto e 365 euro secondo la media nazionale rilevata dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, giusto per non citare sempre la solita siringa che può oscillare da un minimo di 2 ad un massimo di 39 centesimi. Fosse per Zaia, bisognerebbe partire dal costo medio annuo del personale dipendente sanitario, che vede il Veneto ultimo nella classifica degli esborsi (51.571 euro, contro una media nazionale di 56.273 e un picco a Bolzano di 82.384) e dunque primo nella graduatoria della virtuosità («ma non per questo verremo premiati, anzi, in due anni subiremo tagli per 450 milioni»). Fosse per la Sose, società del ministero delle Finanze e della Banca d’Italia che effettua proprio i calcoli finalizzati al federalismo fiscale per i Comuni e le Province, occorrerebbe solo volerlo: «Lo standard nell’individuazione dei fabbisogni significa equità – osserva l’amministratore delegato, il veneziano Giampietro Brunello – e nella quantificazione dei costi comporta maggiori servizi e minori tasse. Siccome le nostre metodologie sono apprezzate a livello internazionale, dal punto di vista tecnico per noi non ci sarebbe alcun ostacolo a studiare questo modello anche per la sanità delle Regioni. Il fatto è che la legge assegna questa specifica competenza direttamente alla Ragioneria Generale dello Stato». Visto che allora il pallino resta a livello ministeriale, tocca a Baretta rispondere alle aspettative del Veneto. «È fuori dubbio che la strada verso il superamento della spesa storica sia irreversibile – premette il sottosegretario – tant’è vero che con i Comuni puntiamo, attraverso la legge di Stabilità, a continuare la progressione del ruolo dei fabbisogni standard, che nel giro di un anno passeranno a contare dal 30 al 40%. Per accelerare questo cammino c’è però necessità del consenso degli enti locali». E qui torniamo al punto di partenza. «Ci sono delle Regioni che sprecano e guarda caso sono le stesse Regioni che non si lamentano dei tagli», rilancia Zaia, lasciando intendere che le medesime non sosterranno mai l’attuazione di uno schema di virtuosità, preferendo di gran lunga la concretizzazione di tagli lineari. Baretta non si nasconde: «Le Regioni che tirano indietro sono ovviamente quelle che hanno più problemi di gestione nella distribuzione delle risorse. Quelle del Sud, sì, anche se dobbiamo essere obiettivi e riconoscere che in Sicilia o in Calabria le condizioni economiche e sociali sono più complicate delle nostre. Detto questo pensiamo che anche gli enti locali virtuosi possano operare, evidentemente in misura proporzionata, ulteriori misure di razionalizzazione, ad esempio riducendo le aziende sanitarie. Zaia lo sta facendo? Meglio tardi che mai». Proprio il progetto di legge che contempla il taglio delle Usl ma pure l’Azienda Zero sarà al centro oggi della critica e della controproposta del Partito Democratico, che ha convocato alle porte di Padova gli «stati generali della sanità», con la Fp Cgil che sollecita la Regione ad adeguarsi alla sentenza europea che impone dal 25 novembre il rispetto dei turni di lavoro in sanità, il che però implicherebbe nuove assunzioni. Nel frattempo si apre anche un altro fronte, questa volta nel sociale, con l’assessore Manuela Lanzarin che accusa la legge di Stabilità di «azzerare i fondi per nidi e famiglia».
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