Sottosegretario Pd all’Economia per cinque anni, relatore e parafulmine del contestato provvedimento di salvataggio delle ex popolari venete con passaggio a Intesa. Pier Paolo Baretta, 69 anni, ha affrontato in questo mese una sfida titanica: il collegio uninominale al Senato che si stende tra Rovigo, Chioggia, la Riviera del Brenta e il Miranese. Un collegio difficile, diciamolo. Che il centrosinistra dovrà difendere con i denti.
Baretta, si è chiesto perché il Pd l’ha spedito al fronte?
«È uno dei pochi collegi considerati contendibili. C’è la possibilità di giocarsi una partita. Si può interpretare così: sono al servizio di un tentativo di recupero. Le persone più visibili sono state dislocate nelle situazioni più a rischio».
Sta di fatto che gli esordienti Nicola Pellicani e Andrea Ferrazzi a Venezia hanno avuto collegi meno ardui. Il Pd le ha fatto scontare il fatto di essere stato capolista nel 2013?
«Sono le regole del gioco: io ho fatto il capolista cinque anni fa. È evidente che c’è stato un investimento sul futuro del partito da parte del nazionale, che ha scelto Andrea a Nicola. E non lo dico da buonista ma per esperienza e conoscenza delle regole del gioco. Oggi, misurarsi senza paracadute è anche una sfida con sé stessi».
La sua prima campagna, quindi?
«La prima nei collegi uninominali, che permette di riprendere un rapporto col territorio. Il mio slogan è: “La differenza la fa la persona”. Ma vedo che negli altri partiti le perone sono scomparse, ci sono solo i simboli. Un grosso errore».
Lei ha lavorato per il provvedimento sulle banche venete. Un argomento che la mette in difficoltà, in campagna elettorale?
«La gente ci ha lasciato il cuore e il portafoglio, in Bpvi e Veneto Banca. Ma quando dico ai risparmiatori truffati: pensate cosa sarebbe successo quella mattina di giugno se all’improvviso gli sportelli fossero stati chiusi, allora si riconosce che non c’era altra strada. Certo c’è la rabbia che le cose siano andate in questo modo, perché la magistratura ha tardato, perché i controlli sono stati incerti. Hanno ragione e io stesso considero insufficienti i passi fatti. Ma almeno oggi c’è il fondo di ristoro di 100 milioni e l’idea di è andare avanti per implementarlo. In futuro rifletteremo anche sul fatto che il Veneto ha perso un’occasione quando lanciai l’idea di un’alleanza tra imprenditori per intervenire».
E l’argomento, invece, al quale viene riconosciuto al Pd di aver fatto bene?
«Tanti. I miei interventi per la riconversione della centrale di Porto Tolle, per i finanziamenti per la subsidenza, per gli sgravi del settore ittico, per ridurre del 35% le slot machine nei pubblici esercizi. In generale, il contributo alla ripresa economica, il piano Industria 4.0, il bonus energetico per la ristrutturazione di case e condomini, i diritti civili, la legge contro il caporalato molto apprezzata nel mio collegio che è fortemente agricolo».
Facciamo gli scongiuri: e se non va?
«Ci sono tanti modi di far politica. Mi metterò al servizio del partito. Ma andrà bene».
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