Caro direttore,
“La domanda è mal posta” dice Luca Ricolfi a se stesso, in un passaggio del suo interessante (come sempre) articolo pubblicato lo scorso 25 marzo. Se cioè, tra il dopo-Renzi o il dopo-Gentiloni, esista una nuova identità di riferimento per il Pd prossimo venturo a guida Zingaretti, o si prefiguri un nostalgico ritorno al passato. E, in effetti, posta così è davvero… mal posta. Infatti, il lungo itinerario di rilancio politico che attende il Partito democratico è, oggettivamente, esente da “nostalgie”, di qualsiasi segno. Per la semplice ragione che siamo in un’epoca diversa sia dai fasti (brevi!) del 40% renziano, crollati con la sconfitta referendaria; sia dall’emergenza migranti, agitata ancora da Salvini, ma ormai spuntata nei numeri e noiosa nella monotona propaganda a senso unico (come la complessa vicenda del sequestro dell’autobus dei giovani studenti sta evidenziando). Ancor di più, non c’è spazio per ritorni al passato del tipo di quelli promossi dai fuoriusciti a sinistra del Pd.
Conviene, allora, più che paragonare i leader tra loro o stagioni politiche non confrontabili, restare all’oggi e discutere di contenuti utili a identificare il possibile profilo del Pd nel contesto politico dato. Se i sondaggi sono anche approssimativamente veritieri (e le recenti competizioni regionali, più o meno, li confermano), i consensi per la coalizione di centrodestra sono tali che spiegano perché il vero avversario sarà Salvini e non i 5Stelle, verso i quali il problema è il recupero dell’elettorato in fuga, non l’accordo con i loro vertici screditati. In tal senso. i risultati della Basilicata (43% circa al centrodestra e 30% e passa per il centrosinistra, con il relativo crollo dei 5Stelle) sono la conferma della tendenza.
Mi limito, quindi, a tracciare solo alcuni dei contenuti del profilo del nuovo Pd.
A cominciare dall’economia che considero il principale banco di prova per il recupero di credibilità e consenso, diversamente da Ricolfi che la relega a un futuro nel quale il Partito democratico sarà nuovamente al Governo. L’insistenza di Zingaretti per affermare un modello di sviluppo che metta al centro la sostenibilità è la risposta necessaria per garantire un equilibrio nella crescita. Proviamo a pensare al nostro Veneto: grande capacità industriale, ma intasamento e logoramento del territorio; grande capacità di lavoro, ma retribuzioni inadeguate. Solo un progetto economico sostenibile garantisce lo sviluppo del Made in Italy, che è un mix di qualità e bellezza. Dunque, un modello pro-impresa, vista non in alternativa, ma protagonista di un contesto ambientale e sociale favorevole. Si pensi (sempre con riferimento al nostro territorio) all’intreccio sempre più stringente tra sviluppo industriale e turistico.
Perciò i provvedimenti di legge e gli incentivi fiscali devono sostenere questa idea di Paese.
Leggendolo da questo versante, ancora più importante è lo sviluppo infrastrutturale, che il neo-segretario ha caratterizzato col suo viaggio di “insediamento” a Torino, per sostenere la Tav. Lo sblocco immediato dei cantieri, come richiesto, non è solo un’urgenza immediata, ma un’idea di sviluppo che deve davvero occuparsi, contestualmente, di strade e ponti sicuri, di dissesto idrogeologico e rigenerazione delle nostre periferie.
Accoglienza nella sicurezza non è uno slogan, ma una politica. Vuol dire occuparsi dell’integrazione dei migranti già in Italia e di quelli di cui avremo bisogno per far funzionare la nostra agricoltura, l’industria e i servizi. Salvini non se ne occupa. La sua linea pro-respingimenti, tanto efficace come messaggio iniziale, fa ormai acqua da tutte le parti, poiché non dà vita a un equilibrio sociale e culturale. Flussi regolarizzati e regole di integrazione (lo Ius soli ci sta!) sono la strada da praticare, insieme a un’efficace azione diplomatica e di cooperazione nei confronti del nord Africa (a cominciare dalla Libia) e verso i Paesi di origine dei drammatici viaggi della speranza.
Ancora (ma l’elenco è ben più lungo dello spazio utilizzabile), una nuova idea di welfare che consenta non gli strappi di una quota 100, con forti penalizzazioni (che la pubblicità istituzionale omette) sia per i pensionati di oggi sia per quelli di domani, o un reddito di cittadinanza che nasconde la disoccupazione, ma un’opportunità di lavoro ampia e regolata (il Jobs Act ha bisogno di correzioni, non di cancellazioni) e una assistenza reale a chi davvero è in povertà (e sono tutt’ora troppi).
Infine, senso civico. Ovvero una cultura delle relazioni interpersonali e collettive fondate semplicemente sulla… buona educazione. La scuola è il centro di questo progetto.
Insomma, come Goldoni fa ripetere al protagonista dei Rusteghi: “vegnimo a dir el merito”. È così che capiremo se il rinascente Pd sarà all’altezza della sfida che lo attende.
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