«La strategia di uscita è di medio periodo e si concentra su industria manifatturiera, turismo, cultura e logistica». Secondo Pierpaolo Baretta la crisi si affronta investendo così, in Polesine come nel resto d’Italia: ieri il sottosegretario all’Economia e alle Finanze ha partecipato al Centro don Bosco di Rovigo all’11esimo incontro dei politici e amministratori con il vescovo Lucio Soravito de Franceschi. È stato «l’ennesimo incontro contrassegnato dalla pesante crisi economica», ha voluto precisare il presule, esprimendo – insieme alla solidarietà alle famiglie in difficoltà e ai giovani senza lavoro – l’auspicio che amministratori, persone impegnate in politica e imprenditori, ognuno nel rispettivo campo, passino «dalla concorrenza alla convergenza, per trovare nuovi modelli di sviluppo».
Per Baretta rispondere alla crisi significa «progettare pezzi di futuro». «L’occasione c’è e ci vuole una cultura della ripresa», ha aggiunto. Ma occorre «superare il blocco di fiducia» e prestare attenzione ai nuovi fattori che sono intervenuti negli otto anni di crisi, che l’Italia continua a vivere: il progressivo invecchiamento della popolazione e la denatalità; la mobilità delle merci e delle persone; le telecomunicazioni e la velocità dei processi produttivi; la questione ambientale. Per questo, «bisogna ricordare che l’Italia resta il secondo Paese manifatturiero dopo la Germania in Europa e che in questo settore è necessario investire perché non rappresenta più l’industria di base classica». Manifattura è anche l’agroalimentare, che il sottosegretario ha messo a fianco alla logistica – da organizzare in termini di aree vaste -, al turismo e alla cultura, come fattori di ripresa del made in Italy, perché «sole e monumenti non si possono delocalizzare». «Il Polesine ha molta più forza di quanta voi stessi valorizziate – ha detto il sottosegretario alla platea di amministratori e rappresentanti delle associazioni economiche e di categoria – E il legame con Venezia è fondamentale». Secondo il sottosegretario, infatti, la fusione delle Camere di commercio di Rovigo e Venezia «ci obbliga a guardare al domani». È il futuro che conta oggi su 120.085 imprese e unità locali (il 22,3 per cento del Veneto) e su un volume di esportazioni che vale oltre 4,1 miliardi di euro, pari al 10,3 per cento regionale (la quota polesana è il 2,5).
di Nicola Astolfi
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