PADOVA – La novità è che il confronto con i sindacati sugli esuberi Bpvi, potrebbe scattare prima dell’approvazione del Piano industriale prevista per fine ottobre. L’ad Francesco Iorio ha già illustrato le linee della strategia e domani, presenterà nuovi contenuti; ma servirà un terzo step, dicono a Vicenza, per ottenere l’ok del Cda. I sindacati stimano 1.500 esuberi su oltre 5 mila dipendenti, hanno già dichiarato battaglia e chiesto l’intervento del governo. Ma per Pierpaolo Baretta, sottosegretario al Mef, la prospettiva del licenziamento collettivo è «inaccettabile».
La cura americana, se dovesse essere confermata, punta su un taglio per Bpvi e Veneto Banca di 3.500 unità. Sarà una «macelleria sociale»? «Non mi pare una grande idea cominciare dalla fine: se ci dovessero essere valutazioni sul personale, queste devono venire a valle di processi indutriali e di piani di rilancio dell’azienda. Ciò che ci aspettiamo dai manager e dagli azionisti è che dicano come e con che prospettive l’azienda si muoverà sul mercato e che assetti intravedono. L’idea americana di iniziare svuotando i cassetti è sbagliata industrialmente e socialmente».
Nella peggiore delle ipotesi, quale sarà il ruolo del governo? «A fronte di un piano serio di rilancio delle banche, che preveda alleanze e assetti integrati, il governo è disposto a valutare i problemi, se si presenteranno. Questa è l’impostazione di fondo. In discussione di legge di bilancio stiamo già lavorando per far sì che il fondo di solidarietà del settore sia attivo e in grado di affrontare emergenze».
Quali le novità? «Il mantenimento della copertura a sette anni, come richiesto dall’Abi».
Ma se il fondo non bastasse in caso di numeri importanti? «Non prendiamo in considerazione la questione del personale senza dei piani industriali solidi. L’oggetto non sono gli esuberi ma il futuro delle banche e tra i bancari non ci sono licenziamenti».
Non ci sono mai stati… «E non ci dovranno essere neanche domani, perché il settore bancario ha una gestione specifica e migliorativa. Una cosa è entrare nel meccanismo pubblico della gestione dei licenziamenti di tipo classico un’altra è utilizzare il fondo».
E quando Renzi ha dichiarato meno 150 mila bancari nei prossimi 10 anni? «Quelle cifre sono state smentite da palazzo Chigi; non spetta al governo fare piani, ma il settore bancario deve riorganizzarsi anche con nuove aggregazioni. Ma se ci concentriamo sul personale, perdiamo di vista il punto di fondo: è come se dicessimo che le banche stanno chiudendo, e non è una prospettiva accettabile. I problemi vengono dalle gestioni non dalla salute delle banche».
I sindacati chiedono lo storno di quanto il settore paga per sostenere la Naspi. È praticabile? «Non è possibile perché creerebbe un caso. Ma anche il settore bancario ha diritto ad accedere alle risorse». Sono un’azienda in crisi come tante altre, no? «Sì ma con condizioni specifiche che gli stessi sindacati vogliono mantenere».
Domani Bpvi porterà in Cda il piano. Cosa si aspetta? «Un piano industriale con molti aspetti e non solo esuberi. Ma io la vedo così: si discuta delle due banche ma anche di un piano finanziario industriale veneto. Sennò abbiamo solo un aspetto della questione. Invece serve una strategia più ampia e noi siamo disponibili a sostenere questa strategia».
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