«La soluzione migliore per la città è il rinnovamento e io sono pronto a dare una mano, a mettermi a disposizione. La
mia potrebbe essere una candidatura di servizio. Del resto tutti dobbiamo essere a disposizione del partito senza personalismi, senza sponsor e giochi. Va fatto tutto nella massima trasparenza». Parla Pier Paolo Baretta, uomo del Pd classe 1949, veneziano, studi al Sarpi e una vita nell’associazionismo cattolico e a Porto Marghera, ex segretario della Cisl e oggi sottosegretario all’Economia del governo Renzi.
Lei è pronto a candidarsi?
«Se il partito chiama, io rispondo ma serve una decisione collettiva. Per questo parlo di candidatura di servizio. E se serve si vada pure alle primarie».
Da settimane lei chiede un voto il prima possibile.
«Anche il presidente del Senato Grasso ha perorato questa idea. Siamo in molti a pensarla così: Cacciari, Bettin, Casson. Il numero dei favorevoli si allarga. La data delle elezioni la deciderà il governo e il lavoro del commissario non va spazzato via ma io continuo, ad esempio, a chiedere al commissario Zappalorto uno sforzo in più a favore dei dipendenti comunali. Per una mediazione con i sindacati».
Come vede la città, dopo la ferita dello scandalo Mose.
«La città è stanca, dopo esser uscita molto male dalla vicenda Mose. I cittadini sono disorientati. La politica è ferma. Occorre riprendere il dibattito con la città, coinvolgendo i cittadini e discutendo di progetti e programmi. E bisogna farlo subito. Siamo in ritardo».
Ma a Roma la difficoltà di Venezia viene compresa?
«È vero che la città ha risorse spettacolari che attenuano l’impatto all’esterno. Intendo i grandi eventi, come la Mostra del cinema, oppure l’alto flusso di turisti che sembrano dare l’idea di una città che ce la fa, comunque. Ma il disagio c’è tutto e Roma deve capirlo».
Faccia degli esempi concreti delle priorità da affrontare.
«Il finanziamento della Legge speciale. Io ho fatto la mia parte per il Patto di stabilità e il commissario dice il giusto quando sollecita un intervento straordinario per affrontare questioni come il Casinò. E poi Porto Marghera, il quadrante di Tessera, il futuro dell’area da Sant’Elena al Lido. E Mestre, questione centrale che traspare sempre troppo poco»
A Mestre si prendono i voti.
«Qui abita la maggior parte dei residenti. Il problema del degrado e della sicurezza lo sento anche io anche se la città si è trasformata in meglio in questi anni. Mestre, anche con l’arrivo dell’università, si conferma il punto di incontro vero con Padova e Treviso. La Città metropolitana va realizzata».
Cacciari ha messo in guardia il Pd veneziano dal rischio di una sconfitta. Che fare?
«Come la città, ferita e frastornata, così il Pd oggi è sotto choc e deve partire da qui. La rappresentatività c’è ancora ma serve un rapporto positivo con i cittadini. E serve capire che non ci sono più rendite di posizione. Non si può più dire: “Tanto si vince”. Va recuperata subito credibilità e progettualità. Vanno messe in campo le migliori idee sul futuro della città. Per me occorre farlo assieme alle altre forze politiche che hanno governato con noi e con personalità economiche e sociali della città. Altri potranno dire che si corre da soli».
Ma anche lei è parte di quella vecchia guardia che per Cacciari deve farsi da parte.
«Se uno non intuisce la centralità di Mestre e Marghera allora non può essere il candidato giusto. Ma il tema anagrafico c’entra poco con il rinnovamento che viene anzitutto dai contenuti. Il candidato giusto dovrà avere ampi margini per lavorare sul rinnovamento. Non ho un giudizio negativo sulla vecchia giunta ma il lavoro fatto non basta. Chi verrà deve modernizzare. È questo il messaggio del governo.
La città ce la farà ?
«Ce la possiamo fare, ma tutti assieme, nel rispetto delle legittime differenze. Perché abbiamo grandi risorse».
Mitia Chiarin
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