Referendum Veneto, Baretta: “Unica via trattare con lo Stato” (Giornale di Vicenza)

Baretta autonomiaIl Giornale di Vicenza di oggi riporta un intervento del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta relativo al referendum sull’autonomia del Veneto.

“Si sa che il Referendum è uno strumento che semplifica le opinioni: o sì, o no! Più la scelta è complessa più il Referendum rischia di produrre effetti distorti. Alla domanda se voglio un Veneto “autonomo”, come dovrei rispondere? Autonomo da chi e da che? E per che cosa? Certamente non per proporre una secessione, o indipendenza, dall’Italia. Anche se tra i più radicali sostenitori della causa veneta qualche suggestione, in tal senso, c’è. Secessione, indipendenza, autonomia, federalismo sono quattro concetti ben diversi e alternativi tra loro. Ma l’equivoco è stato lasciato correre, il che getta un’ombra sulla operazione politica in atto”.

“In ogni caso, ho sempre sostenuto che il Veneto – una delle principali economie e società del Paese: la prima per flussi turistici, una delle prime d’Europa per manifatturiero; porta di accesso privilegiata per i traffici diretti verso il centro e l’Est Europa, col primato di volontariato – dovrebbe avere l’ambizione, e pretendere, di contare di più a Roma, anziché abdicare a questo ruolo e pensarsi in una sorta di autarchia impossibile.

Il referendum serve, più probabilmente, per legittimare la prospettiva di una nuova Regione a statuto speciale. Ma, il problema non sarebbe, semmai, quello di superare le attuali, ormai anacronistiche (salvo Bolzano, per il quale vige un trattato internazionale) Regioni a statuto speciale, nonché, al tempo stesso, lanciare l’idea di una vera macroregione del Nord-est? Magari, accompagnata da una coraggiosa discussione sulla struttura stessa degli assetti regionali in Italia. Copiare il Friuli o candidarsi a diventare il più importante territorio italiano ed esercitare una leadership globale? Per ora siamo fermi all’erba del vicino.

Il Referendum dovrà servire a dare vita a un maggior federalismo fiscale e gestionale? Tutto si riduce a quante tasse in più la regione Veneto può imporre ai cittadini (non so con quale beneficio politico) o quante ne vengono trattenute, sul territorio, tra quelle destinate a Roma? Questione vera e importante, ma non meritevole di una campagna elettorale di questa portata. Per realizzare questo obiettivo è più efficace praticare il negoziato che il Governo nazionale è pronto ad attivare. E non sta in piedi l’argomento che un largo consenso popolare consentirà di trattare con Roma da un rapporto di forza maggiore. Infatti, il messaggio autonomista che i promotori del Referendum lanciano ai cittadini, chiamandoli al voto, è, comprensibilmente, più ambizioso di un negoziato con Roma; tra l’altro, dall’esito scontato. Tutti i margini possibili, di autonomia praticabile, sono già presenti nella Costituzione italiana, che mi pare, col voto del 4 dicembre (anche quello veneto), non è in discussione. Come sarà possibile, dopo un plebiscito (perché questo si attende Zaia!) spiegare ai Veneti che questo nuovo “sol dell’avvenire” altro non potrà essere, nel migliore dei casi, che una trattativa economica? Si sta rischiando di provocare un’illusione ottica che rischieremo di pagare in termini di delusione (c’è n’è già troppa in Veneto; basta pensare alle banche “venete” o all’immigrazione, per alimentarne una ancor più cocente) e di disaffezione.

A meno che, davvero, non si pensi che, dietro l’angolo, ci sia la possibilità di realizzare una San Marino del Nord; ma, allora, ricominciamo da capo…
Penso, invece, che una buona autonomia, intesa come un vero Federalismo fiscale e non solo (la valorizzazione della lingua veneta è una cosa, ma la discriminazione all’accesso ai servizi ai non veneti è tutt’altro!) sia un obiettivo sacrosanto da rivendicare, costruire e praticare, ma che il Referendum, per i significati simbolici che gli sono attribuiti e per lo scarto obiettivo tra le istanze e i risultati possibili, sia un errore culturale, prima ancora che politico.

Ciò detto, poiché, ormai, il Referendum si farà, valutiamo, senza pregiudizi, quando farlo: se assieme alle amministrative o no. La valorizzazione dell’appuntamento dovrebbe portare i proponenti a farlo in una data a sé, ma l’esigenza di sfruttare il trascinamento di affluenza dato dalle amministrative li porta ad utilizzare l’argomento dei costi per ottenere l’election day. Personalmente, come ho cercato di dire, sto dalla parte dell’obiettivo strategico del buon federalismo e non del Referendum, che considero addirittura, a questo fine, controproducente, quindi, dovrei avere l’interesse, per le stesse ragioni uguali e contrarie, a non far coincidere le due scadenze. Ma, devo dire, che la posta in gioco è tale che non mescolerei la portata politica di questa vicenda a meri calcoli elettorali e, d’altra parte, la questione della spese è pur sempre un argomento”.

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2017-03-08T11:26:31+01:00 8 Marzo 2017|News, Notizie dal Veneto, Rassegna stampa|

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