“Siamo stati favorevoli sempre all’azione di responsabilità”. È con queste parole che il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha posto fine alle polemiche sollevate nei giorni scorsi da alcune ricostruzioni di stampa. Lo ha fatto in Aula, alla Camera, durante la seduta per la discussione del decreto legge sulle misure urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio (al minuto 3.33.00), approvato la scorsa settimana al Senato.
“Ho letto in questi giorni una curiosa ricostruzione giornalistica di un importante quotidiano nazionale – ha sottolineato Baretta – secondo la quale io mi sarei opposto all’azione di responsabilità, quando invece più volte abbiamo chiesto che venga fatta da parte degli azionisti – ed è bene che siano gli azionisti a deciderla, assumendosi le responsabilità di una scelta, più che renderla obbligatoria per legge – a cominciare dalle banche venete. Nella stessa ricostruzione, si accosta questo intervento governativo all’iniziativa che fu fatta qualche anno fa negli Stati Uniti con il TARP, dall’allora Ministro Paulson. In effetti, con le dovute proporzioni, la direzione è la stessa, ma a noi si contesta che non saremmo stati sufficientemente rigorosi sugli stipendi e sui bonus degli amministratori, nonché sull’elenco dei nomi. Anche le opposizioni hanno insistito nella discussione su questo punto. Non è così. Nell’articolo 17, presentato dal Relatore e dal Governo, a mia firma, abbiamo esplicitamente richiamato le normative europee, in particolare l’articolo 38 della Comunicazione della Commissione europea del 1 agosto 2013, che stabilisce, nel caso di banche che hanno beneficiato di un intervento pubblico, che i manager possano avere una retribuzione al massimo di quindici volte il salario medio nazionale dello Stato membro (o di dieci volte il salario medio della banca). Il salario medio italiano corrisponde a circa 28 mila euro, moltiplichiamo per 15 dà circa 450 mila euro. Ovviamente è uno stipendio alto, è una retribuzione al di sopra della media, ma innanzitutto è un tetto e in secondo luogo è di molto inferiore a quello che il mercato del sistema bancario offre oggi. Quindi non è vero che non abbiamo introdotto dei tetti. Ma aggiungo anche che la stessa direttiva, ripresa poi in una circolare di Banca d’Italia, prevede che «nessuna componente variabile della retribuzione è erogata ai membri dell’organo di gestione»”.
“Nell’articolo 23-bis del decreto, affrontiamo – prosegue il sottosegretario – anche la questione della cosiddetta «lista». È vero che non abbiamo dato i nomi, anche perché quelli delle società sono pubblici, ma daremo alle Commissioni parlamentari, ogni quattro mesi, quindi con scadenza regolare, i profili di rischio dei soggetti che hanno insolvenza. Ciò vuol dire conoscere non soltanto la situazione reale dei debitori, ma anche se il comportamento delle banche è stato virtuoso o vizioso rispetto alla concessione di quei crediti. Possiamo considerare tutto ciò conclusivo? Sicuramente no, se si tratta – conclude – di continuare a tutelare quello che consideriamo il nostro interesse primario, ossia i risparmiatori”.
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