Il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Pier Paolo Baretta, torna sul tema del riordino dei giochi in un’intervista con Antonio Maria Mira dell’Avvenire. Obiettivo? Spiegare i nodi centrali del testo di accordo discusso giovedì 2 febbraio in Conferenza unificata, con l’obiettivo di ampliare il dibattito con enti locali e mondo associativo.
“Non abbiamo nessuna intenzione di fare delle forzature. A noi interessa – spiega dalle colonne del quotidiano cattolico Baretta – che si faccia una riforma del gioco d’azzardo che migliori la situazione. Per questo pensiamo sia giusto rifletterci, recependo le richieste e le critiche degli enti locali e del mondo associativo. Non ci prenderemo moltissimo tempo. Penso che due e o tre settimane siano sufficienti”.
“Bisogna trovare un punto di equilibrio. Non abolire il gioco d’azzardo ma riportarlo ad una condizione di normalità. Se si pensa di eliminarlo nessuna soluzione è valida, se invece si pensa di renderlo più controllato, la linea della drastica riduzione va compresa e valorizzata”, aggiunge il referente del governo ricordando che il sistema dell’azzardo “ci era sfuggito di mano ed è il motivo per il quale abbiamo deciso di intervenire”.
E sul controverso tema delle distanze e delle sale certificate, il sottosegretario conclude: “Io sono preoccupato della concentrazione nelle periferie, non vorrei che si creassero dei quartiere a luci rosse del gioco dove il controllo è minore. Ci vuole una redistribuzione più equilibrata per consentire un maggiore controllo e più attenzione agli effetti negativi del ‘gioco’. Noi proponiamo che prima si riduca e dopo che quello che resta abbia un livello di regolazione, di controlli, di qualità nell’offerta assolutamente più forte e stringente dell’attuale. Saranno 18mila sale in tutta l’Italia, oltre a bar e tabacchi che possano reggere questa classificazione“.
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