Nella sua Chicago, davanti a 20 mila persone, Barack Obama ha ricordato a tutti noi il valore dell’impegno civile, della partecipazione, della difesa dei diritti, della democrazia. Ha spronato ognuno di noi a non chiudersi in se stesso, a non guardare all’interesse individuale, ma a battersi per costruire un mondo migliore, un mondo dove nessuno resti indietro. Ci ha ha invitati a guardare al di là delle nostre idee, a confrontarci con chi la pensa diversamente, perché questa è l’anima della democrazia, perché questo è l’unico strumento che abbiamo per superare visioni stereotipate e populiste.
Penso che sia un lascito prezioso per tutti noi, per questo abbiamo deciso di proporvi il video e la trascrizione del testo, tradotto in italiano. Buona visione, buona lettura!
“Miei cari concittadini americani, Michelle e io siamo stati così toccati da tutti gli auguri che abbiamo ricevuto nel corso delle ultime settimane. Ma stasera tocca a me dire grazie.
Sia quado siamo stati tutti d’accordo sia quando non lo siamo stati, le mie conversazioni con voi, con il popolo americano – nei salotti e nelle scuole; nelle aziende e nelle fabbriche; nei ristoranti e nei lontani avamposti militari – quelle conversazioni sono ciò che mi ha reso onesto, mi ha ispirato e mi ha fatto andare avanti. E ogni giorno, ho imparato da voi. Mi avete reso un presidente migliore, mi avete reso un uomo migliore.
Sono arrivato a Chicago appena ventenne, ancora impegnato a capire chi fossi; ero alla ricerca di uno scopo per la mia vita. Sono arrivato in un quartiere non lontano da qui, dove ho iniziato a lavorare con i gruppi ecclesiali nelle ombre delle acciaierie chiuse.
È in queste strade che ho assistito alla forza della fede, e alla silenziosa dignità dei lavoratori di fronte alla lotta e alla sconfitta.
Qui è dove ho imparato che il cambiamento si realizza solo se le persone comuni sono coinvolte, sono impegnate e si uniscono per chiederlo.
Dopo otto anni come vostro presidente, io continuo a crederci. E non è solo una mia convinzione. È il cuore pulsante della nostra idea di America – il nostro esperimento audace di autogoverno.
È la convinzione che siamo stati creati tutti uguali, dotati dal nostro creatore di alcuni Diritti inalienabili, tra i quali la vita, la libertà e la ricerca della felicità.
È l’insistenza sul fatto che questi diritti, sebbene auto-evidenti, non sono mai stati auto-attuativi; che Noi, le Persone, attraverso lo strumento della nostra democrazia, possiamo formare un’unione ancora più perfetta.
Che idea radicale, il grande dono che i nostri fondatori ci hanno consegnato. La libertà di inseguire i nostri sogni individuali attraverso il sudore, la fatica, l’immaginazione – e l’imperativo di lottare insieme per raggiungere il bene comune, il bene più grande.
Per 240 anni, la chiamata della nostra nazione alla cittadinanza ha dato lavoro e scopo a ogni nuova generazione. È ciò che ha portato i nostri patrioti a scegliere la repubblica alla tirannia, i pionieri a viaggiare verso ovest, gli schiavi a intraprendere la strada verso la libertà.
È ciò che ha attirato immigrati e rifugiati attraverso gli oceani e il Rio Grande. È ciò che ha spinto le donne a combattere per ottenere il diritto di voto. È ciò che ha portato i lavoratori a organizzarsi. È il motivo per cui soldati hanno dato la vita a Omaha Beach e a Iwo Jima; in Iraq e in Afghanistan – e il motivo per cui uomini e donne, da Selma a Stonewall, erano pronti a dare la propria vita.
Ecco, questo è ciò che intendiamo quando diciamo che l’America è straordinaria. Non che la nostra nazione sia stata impeccabile fin dall’inizio, ma che ha dimostrato la capacità di cambiare, di rendere la vita migliore per coloro che sono venuti dopo.
Sì, il nostro progresso non è stato uniforme. Il lavoro della democrazia è sempre stato difficile. È stato controverso. A volte è stato macchiato dal sangue. Per ogni due passi in avanti, avvertiamo spesso di farne uno indietro. Ma la lunga distesa americana è stata definita da un movimento in avanti, da un ampliamento costante della nostra fede fondativa di abbracciare tutti, e non solo alcuni.
Se vi avessi detto otto anni fa che l’America sarebbe uscita da una grande recessione, che la nostra industria automobilistica sarebbe ripartita, che avremmo dato vita al più lungo periodo di crescita dell’occupazione della nostra storia; se vi avessi detto che avremmo aperto un nuovo capitolo con il popolo cubano, che avremmo chiuso il programma di armamento nucleare iraniano senza sparare un colpo, che saremmo riusciti a togliere dalla nostra mente l’11 settembre; se vi avessi detto che avremmo ottenuto matrimoni egualitari e saremmo riusciti a garantire il diritto all’assicurazione sanitaria per altri 20 milioni di nostri concittadini; se vi avessi detto tutto questo, si sarebbe potuto dire che avevamo fissato degli obiettivi un po’ troppo ambiziosi.
Ma questo è quello che abbiamo fatto. Questo è quello che voi avete fatto. Voi siete stati il cambiamento. La risposta alle speranze della gente e, grazie a voi, oltre ogni misura, l’America è un posto più forte, più di quanto non lo fosse quando abbiamo iniziato.
Tra 10 giorni il mondo sarà testimone del marchio di garanzia della nostra democrazia. No, no, no, no, no. Il trasferimento pacifico del potere da un presidente liberamente eletto a quello successivo. Mi sono impegnato con il presidente eletto Trump che la mia amministrazione avrebbe assicurato la più morbida transizione possibile, proprio come fece il presidente Bush con me.
Perché spetta a tutti noi garantire che il nostro governo possa contribuire a sostenere le tante sfide che abbiamo davanti. Abbiamo ciò che serve perché questo avvenga. Abbiamo tutto quello che serve per sostenere tali sfide. Dopo tutto, restiamo la nazione più ricca, più potente e più rispettata al mondo.
I nostri giovani, la nostra unità, la nostra diversità e apertura, la nostra capacità illimitata di rischiare e di reinventarci stanno lì a dirci che il futuro sarà nostro. Ma questo potenziale si realizzerà solo se la nostra democrazia è in grado di funzionare. Solo se la nostra politica riesce a rispecchiare al meglio la dignità del nostro popolo. Solo se tutti noi, a prescindere dal partito di appartenenza o dai nostri interessi particolari, la aiutiamo a ritrovare il senso di un obiettivo comune di cui abbiamo tanto bisogno in questo momento.
E questo è ciò che voglio mettere a fuoco questa sera, lo stato della nostra democrazia. Capire la democrazia non richiede omogeneità di vedute. I nostri fondatori hanno discusso, hanno anche litigato, e alla fine sono arrivati a un compromesso. Si aspettano da noi che facciamo lo stesso. Ma sapevano che la democrazia richiede alla base un senso di solidarietà. L’idea che, nonostante le nostre differenze esteriori, siamo tutti nella stessa barca, che noi vinciamo o falliamo come un tutt’uno.
Ci sono stati momenti nella nostra storia in cui questa solidarietà è stata minacciata. E all’inizio di questo secolo, è stata una di quelle volte. Un mondo sempre più chiuso in se stesso, la crescente disuguaglianza, il cambiamento demografico, e lo spettro del terrorismo. Queste forze non hanno messo alla prova solo la nostra sicurezza e la nostra prosperità, ma anche la nostra democrazia. E il modo in cui affronteremo queste sfide determinerà la nostra capacità di educare i nostri figli, di creare buoni posti di lavoro e di proteggere la nostra patria.
In altre parole, esso determinerà il nostro futuro. Per cominciare, la nostra democrazia non funziona senza il presupposto che tutti abbiamo opportunità economiche.
E la buona notizia è che oggi l’economia sta di nuovo crescendo. I salari, i redditi, il valore delle case e i conti pensione sono tutti nuovamente in aumento. La povertà è di nuovo in calo.
I ricchi stanno pagando una quota equa di tasse. Anche se il mercato azionario frantuma record, il tasso di disoccupazione è vicino alla quota più bassa da dieci anni. Le persone prive di assicurazione non sono mai state così poche.
I costi sanitari stanno crescendo più lentamente che negli ultimi 50 anni. E ho già detto, e voglio ribadirlo che, sono pronto a sostenere chiunque riesca a mettere insieme un piano che è sia in grado di apportare miglioramenti palesi al nostro sistema sanitario rispetto a quelli che siamo già riusciti a ottenere.
Perché questo, dopo tutto, è il motivo per cui siamo utili. Non per ottenere risultati e prendersene il merito. Ma per rendere migliore la vita delle persone.
Ma, nonostante tutti i progressi reali che abbiamo fatto, sappiamo che ciò non è sufficiente. La nostra economia non funziona altrettanto bene o cresce più velocemente quando pochi prosperano a spese di una classe media in crescita e pone ostacoli alle persone che vogliono accedere alla classe media.
Queste sono le argomentazioni economiche. Ma la disuguaglianza è anche corrosiva per la nostra idea di democraziaa. Mentre l’1 per cento più ricco ha accumulato una quota maggiore della ricchezza e del reddito, molte delle nostre famiglie nei centri delle città e nelle contee rurali sono state lasciate indietro.
L’operaio licenziato, la cameriera o il lavoratore del servizio sanitario che riescono appena ad arrangiarsi e a pagare le bollette. Ciò porta a credere che il cambiamento sia fatto contro di loro. Che il loro governo serve solo gli interessi dei potenti. Questa è una ricetta che porta più cinismo e più polarizzazione nella nostra politica.
Non ci sono soluzioni rapide a questa tendenza di lungo termine. Sono d’accordo, il nostro commercio deve essere equo e non solo libero. Ma la prossima ondata di delocalizzazioni economiche non verrà dall’estero. Esso verrà dal ritmo incessante di automazione che rende molti posti di lavoro della classe media obsoleti.
E così dobbiamo andare verso la creazione di un nuovo patto sociale che garantisca a tutti i nostri ragazzi l’educazione di cui hanno bisogno.
Per dare ai lavoratori il potere di ottenere salari migliori.
Per aggiornare la rete di sicurezza sociale in modo che rifletta il nostro modo di vivere.
E fare più riforme del sistema fiscale in modo che le corporazioni e gli individui che traggono il massimo da questa nuova economia non evitino i loro obblighi nei confronti di un Paese che ha reso possibile il loro stesso successo.
Possiamo discutere su come realizzare al meglio questi obiettivi. Ma non possiamo essere compiacenti sugli obiettivi stessi. Infatti, se non creiamo opportunità per tutte le persone, la disaffezione e la divisione che ha arrestato il nostro progresso potrà solo crescere negli anni a venire.
C’è una seconda minaccia alla nostra democrazia. Ed è vecchia quanto la nostra stessa nazione.
La razza rimane una forza potente e spesso divisiva nella nostra società.
Ho vissuto abbastanza a lungo per sapere che le relazioni razziali sono migliori di quanto non fossero 10 o 20 o 30 anni fa, non importa quello che dicono alcune persone.
Lo si può vedere non solo nelle statistiche. Lo si vede negli atteggiamenti dei giovani americani di tutte le appartenenze politiche. Ma non siamo dove dovremmo essere. E tutti noi abbiamo del lavoro da fare.
Se ogni questione economica è incorniciata come una lotta tra una classe media bianca laboriosa e una minoranza indegna, allora i lavoratori, qualsiasi sia la loro razza, stanno per essere abbandonati in una per gli scarti, mentre i ricchi si ritirano ulteriormente nelle loro enclave private.
Se non siamo disposti a investire nei figli di immigrati, solo perché non assomigliano a noi, noi diminuiremo le prospettive stesse dei nostri figli – perché quei ragazzi di colore rappresenteranno una quota sempre più grande della forza lavoro degli Stati Uniti.
E abbiamo dimostrato che la nostra economia non deve essere un gioco a somma zero. Lo scorso anno, i redditi sono aumentati per tutte le razze, tutte le età, per gli uomini e le donne.
Quindi, se vogliamo essere seri nella nostra gara verso il progresso, abbiamo bisogno di rispettare le leggi contro la discriminazione – nelle assunzioni e negli alloggi, e in materia di istruzione, e nel sistema di giustizia penale.
Questo è ciò che ci chiedono la nostra Costituzione e i nostri più alti ideali.
Ma le leggi da sole non saranno sufficienti. I cuori devono cambiare. Non cambieranno durante la notte. Gli atteggiamenti sociali spesso portano le generazioni a cambiare. Ma se la nostra democrazia ci pone di fronte a una nazione sempre più diversificata, ognuno di noi ha bisogno per andare avanti di seguire il consiglio di un grande personaggio della narrativa americana, Atticus Finch, che ha detto “non si capisce mai veramente una persona fino a quando non si considerano le cose dal suo punto di vista, fino a quando non si entra nella sua pelle e non si cammina in essa”.
Per le persone di colore e per le altre minoranze razziali, vuol dire legare le nostre lotte per la giustizia alle sfide che hanno di fronte molte persone in questo Paese. Non solo il rifugiato o l’immigrato o i poveri delle aree rurali o i transgender americani, ma anche l’uomo bianco di mezza età che, sebbene dall’esterno possa sembrare di beneficiare di tutti i vantaggi di questa situazione, ha visto il suo mondo capovolto dai cambiamenti economici, culturali e tecnologici.
Dobbiamo prestare attenzione e ascolto.
Per gli americani bianchi, significa riconoscere che gli effetti della schiavitù e quelli di Jim Crow non sono improvvisamente svaniti negli anni ’60; che quando i gruppi di minoranza esprimono malcontento, non si stanno impegnando solo in un razzismo inverso o praticando correttezza politica; che quando intraprendono una protesta pacifica, non stanno chiedendo un trattamento speciale, ma la parità di trattamento che i nostri fondatori hanno promesso.
Per i nativi americani, significa ricordare a noi stessi che gli stereotipi sugli immigrati di oggi sono già stati detti, quasi parola per parola, sugli irlandesi, gli italiani e i polacchi, per i quali si è detto stessero distruggendo il carattere fondamentale dell’America. Eppure si è scoperto che l’America non è stata indebolita dalla presenza di questi nuovi arrivati, al contrario i nuovi arrivati hanno abbracciato il credo di questa nazione, che ne è stata rafforzata.
Quindi, indipendentemente dal posto che occupiamo; tutti noi dobbiamo sforzarci di più; tutti noi dobbiamo iniziare con la premessa che ciascuno dei nostri concittadini ama questo paese proprio come a noi; che per loro hanno valore il lavoro duro e la famiglia, proprio come per noi; che i loro figli sono altrettanto curiosi, pieni di speranza e degni di amore dei nostri.
Ma non è facile. Per troppi di noi è diventato più sicuro ritirarsi nelle proprie bolle, nei propri quartieri, o nei campus universitari, o nei luoghi di culto, o nei propri feed sui social media, circondati da persone che hanno la nostra stessa visione, che condividono la nostra idea politica, non mettendo mai in discussione le nostre convinzioni. L’aumento di partigianeria, la stratificazione economica e sociale, la frammentazione dei nostri media, dove esiste un canale per tutti i gusti, fanno in modo che questo ordinamento sembri naturale, anche inevitabile.
E sempre più si diventa così sicuri nelle nostre bolle che si iniziano ad accettare solo informazioni, vere o no, che si adattano alle nostre opinioni, invece di basarle sulle prove che al di fuori delle nostre cerchie.
E questa tendenza rappresenta una terza minaccia alla nostra democrazia. La politica è una battaglia di idee. Così è stata progettata la nostra democrazia. Nel corso di un dibattito sano, diamo priorità a obiettivi diversi, e ai diversi mezzi per raggiungerli. Ma senza una qualche base comune dei fatti, senza una volontà di ascoltare nuove informazioni e concedere che il vostro avversario potrebbe avere un punto di vista corretto, allora stiamo andando verso una condizione in cui parliamo l’uno su l’altro.
Una condizione in cui si rende impossibile trovare un terreno comune e un compromesso. E questo non è ciò che rende così spesso la politica deprimente? Come possono i rappresentanti politici eletti infuriarsi sul deficit quando proponiamo di spendere i soldi per la scuola materna dei bambini, ma non quando tagliamo le tasse per le imprese?
Come possiamo giustificare i vuoti etici nel nostro partito, ma avventarci quando l’altra parte fa la stessa cosa? Non è solo disonesto, è un racconto differenziato dei fatti. È controproducente perché, come la mia mamma mi diceva, la realtà trova sempre un modo per mettersi al passo con te.
Questo ordine è ora messo in discussione. In primo luogo da fanatici violenti che pretendono di parlare per l’Islam. Più recentemente da autocrati di capitali straniere che cercano mercati liberi nelle democrazie aperte e avvertono la stessa società civile come una minaccia al loro potere.
Il pericolo che ognuno di essi pone alla nostra democrazia è di più ampia portata di un’autobomba o di un missile. Essi rappresentano la paura del cambiamento. La paura di persone che guardano o parlano o pregano in modo diverso. Un disprezzo per lo stato di diritto che garantisce leader responsabili. Una intolleranza del dissenso e del libero pensiero. Una convinzione che la spada o la pistola o la bomba o la macchina della propaganda è l’arbitro ultimo di ciò che è vero e ciò che è giusto.
Grazie allo straordinario coraggio dei nostri uomini e donne in uniforme. Grazie ai nostri ufficiali dei servizi segreti e delle forze dell’ordine e ai diplomatici che sostengono le nostre truppe nessuna organizzazione terroristica straniera ha progettato con successo ed eseguito un attacco alla nostra terra in questi ultimi otto anni.
E anche se Boston e Orlando e San Bernardino e Fort Hood ci ricordano come la radicalizzazione possa essere pericolosa, le nostre forze dell’ordine sono più efficaci e vigili che mai. Abbiamo preso decine di migliaia di terroristi, tra cui Bin Laden.
La coalizione globale che sta combattendo contro l’ISIS ha neutralizzato molti dei suoi capi e riconquistato circa la metà del suo territorio. L’ISIS sarà distrutto. E chi minaccia l’America non sarà mai al sicuro.
E verso tutti coloro che servono o hanno servito l’America – è stato il più grande onore della mia vita essere il vostro comandante in capo –tutti noi abbiamo un debito di gratitudine profonda.
Ma, proteggere il nostro modo di vivere non è solo il lavoro dei nostri militari. La democrazia può piegarsi quando si fa afferrare dalla paura. Quindi, proprio noi, come cittadini dobbiamo rimanere vigili contro le aggressioni esterne, dobbiamo evitare un indebolimento dei valori che fanno di noi ciò che siamo.
Ed è per questo che negli ultimi otto anni ho lavorato per mettere la lotta contro il terrorismo su una base giuridica più solida. Ecco perché abbiamo messo fine all’uso della tortura, lavorato per chiudere Guantanamo, riformato le leggi che regolano la sorveglianza per proteggere la privacy e le libertà civili.
È per questo che respingo la discriminazione nei confronti dei musulmani americani che sono patriottici quanto lo siamo noi.
Ecco perché…
Ecco perché non possiamo recedere…
Ecco perché non possiamo recedere dalle grandi lotte globali per espandere la democrazia e i diritti umani, i diritti delle donne e quelli della comunità LGBT.
Non importa quanto imperfetti siano i nostri sforzi, non importa quanto possa sembrare opportuno ignorare questi valori, fa parte della difesa dell’America. La lotta contro l’estremismo e l’intolleranza, il settarismo e lo sciovinismo sono un tutt’uno con la lotta contro l’autoritarismo e l’aggressione nazionalista. Se l’ambito di libertà e di rispetto dello Stato di diritto si restringe in tutto il mondo, la probabilità di una guerra interna e tra le nazioni aumenta, mentre le nostre libertà rischiano di essere minacciate.
Quindi cerchiamo di essere vigili, ma non impauriti. L’ISIS cercherà di uccidere persone innocenti. Ma non può sconfiggere l’America a meno che nella lotta non tradiamo la nostra Costituzione e i nostri principi.
Rivali come la Russia o la Cina non possono eguagliare la nostra influenza in tutto il mondo – a meno che non rinneghiamo ciò che rappresentiamo e trasformiamo noi stessi in un altro grande paese che i opprime i vicini più piccoli.
Il che mi porta al mio ultimo punto – la nostra democrazia è minacciata ogni volta che diamo le cose per scontato.
Tutti noi, a prescindere dal partito di appartenenza, dovremmo votare noi stessi al compito di ricostruire le nostre istituzioni democratiche.
Quando i tassi di voto in America sono i più bassi tra le democrazie avanzate, dovremmo lavorare per rendere più facile, non più difficile, votare.
Quando la fiducia nelle nostre istituzioni diviene bassa, dovremmo ridurre l’influenza corrosiva del denaro nella nostra politica, e insistere su principi di trasparenza e etica nel servizio pubblico. Quando il Congresso è disfunzionale, dovremmo incoraggiare i politici nel soddisfare il senso comune e non gli estremi più rigidi.
Ma ricordate, niente di tutto questo accade da solo. Tutto questo dipende dalla nostra partecipazione; dalla capacità di ciascuno di noi di accettare la responsabilità della cittadinanza, indipendentemente dal modo in cui il pendolo del potere sembra oscillare.
La nostra Costituzione è un notevole, bel regalo. Ma è davvero solo un pezzo di pergamena. Non ha potere da sola. Siamo noi, le persone, a darle potere. Siamo noi, le persone, a darle significato – con la nostra partecipazione, le scelte che facciamo e le alleanze che stabiliamo.
Se non difendiamo le nostre libertà. Se non rispettiamo e facciamo rispettare lo stato di diritto, compito che spetta a noi. L’America non è fragile, ma le conquiste del nostro lungo viaggio verso la libertà non sono assicurate.
Nel suo discorso di addio, George Washington ha scritto che l’auto-governo è il fondamento della nostra sicurezza, prosperità e libertà, ma “molti dolori saranno provocati da diverse cause e da diversi quartieri… per indebolire nella vostra mente la convinzione di questa verità”.
E quindi dobbiamo preservare questa verità con la “gelosa ansia” che deve respingere “la prima alba di ogni tentativo di allontanare qualsiasi parte del nostro paese dal resto o a indebolire i legami sacri” che ci rendono una cosa sola.
America, noi indeboliamo quei legami quando permettiamo al nostro dialogo politico di diventare così corrosivo che le persone di buon carattere non sono disposte a mettersi a disposizione del servizio pubblico. Noi indeboliamo quei legami attraverso il rancore con il quale gli americani guardano naturalmente coloro con i quali sono in disaccordo, non solo perché sbagliati, ma perché cattivi. Indeboliamo quei legami quando definiamo alcuni di noi come più americani rispetto ad altri.
Quando descriviamo tutto il sistema come inevitabilmente corrotto. E quando ci sediamo indietro e biasimiamo i leader che eleggiamo senza esaminare il nostro ruolo nella loro elezione.
Spetta a ciascuno di noi essere custode geloso, ansioso della nostra democrazia. Abbracciare il compito gioioso che ci è stato dato per cercare continuamente di migliorare questa nostra grande nazione perché, nonostante tutte le nostre differenze esteriori, tutti condividiamo lo stesso tipo di orgoglio, l’ufficio più importante in una democrazia, quello di essere cittadini.
Cittadini. Quindi, vedete, questo è ciò che le nostra democrazia chiede. Essa ha bisogno di voi. Non solo quando c’è un’elezione, non solo quando sono in gioco i vostri interessi, ma sempre. Se siete stanchi di discutere con gli sconosciuti su Internet, provate a parlare con uno di loro nella vita reale.
Se qualcosa ha bisogno di essere approfondita, fatelo.
Se siete delusi dai vostri rappresentanti eletti, afferrate una cartella per appunti, raccogliete alcune firme, e candidatevi.
Mettetevi in mostra, tuffatevi, non restate fermi. A volte si vince, a volte si perde. E ci saranno momenti in cui il processo vi deluderà. Ma per quelli di noi abbastanza fortunati da aver fatto parte di tutto questo e di averlo visto da vicino, lasciate che vi dica, può stimolare e ispirare. E il più delle volte, verrà confermata la vostra fede nell’America e negli americani. Per me è stato certamente così.
Nel corso di questi otto anni, ho visto i volti speranzosi dei giovani laureati e delle nostre reclute. Ho pianto con le famiglie in lutto alla ricerca di risposte, e trovato grazia in una chiesa di Charleston. Ho visto i nostri scienziati aiutare un uomo paralizzato a ritrovare il senso del tatto. Ho visto combattenti feriti che erano sul punto di essere dichiarati morti, camminare di nuovo.
Ho visto i nostri medici e volontari ricostruire dopo i terremoti e bloccare la diffusione delle epidemie. Ho visto il più piccolo dei bambini ricordarci attraverso le sue azioni e la sue generosità dei nostri obblighi di cura per i rifugiati o di lavorare per la pace e, soprattutto, di guardare fuori verso l’altro. Così quella fede che ho riposto tanti anni fa, non lontano da qui, nel potere degli americani comuni di portare avanti il cambiamento, quella fede è stata premiata in modi che non avrei potuto forse immaginare.
E spero che la vostra fede sia così. Alcuni di voi che sono qui stasera o che stanno seguendo da casa, voi eravate lì con noi nel 2004, nel 2008, nel 2012.
Forse non è ancora possibile credere che abbiamo fatto tutto questo.
Lasciate che vi dica, non siete gli unici.
Michelle …
Michelle Robinson LaVaughn, ragazza del South Side… negli ultimi 25 anni non sei stata solo mia moglie e la madre delle mie figlie, tu sei stata il mio migliore amico.
Hai assunto un ruolo che non avevi chiesto. E lo hai fatto con grazia, grinta e stile, con buon umore.
Hai fatto della Casa Bianca un luogo che appartiene a tutti.
E una nuova generazione fissa più in alto i suoi obiettivi perché ha te come riferimento.
Mi hai reso orgoglioso, e hai reso orgoglioso il Paese.
Malia e Sasha, nella più strana delle circostanze, siete diventate due sorprendenti, giovani donne.
Siete intelligenti e belle. Ma ancora più importante, siete gentili, riflessive, piene di passione.
E avete sopportato il peso di anni sotto i riflettori con così tanta facilità. Di tutto quello che ho fatto nella mia vita, sono orgoglioso di essere vostro padre.
Per Joe Biden, il ragazzo sconnesso da Scranton, che divenne figlio prediletto del Delaware. La tua scelta è stata la prima decisione che ho preso come candidato, ed è stata la migliore.
Non solo perché sei stato un grande vice presidente, ma perché in questo modo ho guadagnato un fratello. E noi amiamo te e Jill come una famiglia. E la vostra amicizia è stata una delle più grandi gioie della nostra vita.
Per il mio straordinario staff, per otto anni, e per alcuni di voi molto di più, io mi sono nutrito della vostra energia. E ogni giorno cerco di guardare indietro per vedere ciò che rappresentate. Cuore e carattere. E idealismo. Vi ho visto crescere, sposarvi, avere figli, avviare incredibili nuove avventure.
Anche quando i tempi si facevano difficili e frustranti, non avete mai lasciato Washington, avete dato sempre il meglio di voi. Vi siete guardati dal cinismo. E l’unica cosa che mi rende più orgoglioso di tutto il bene che abbiamo fatto finora, è il pensiero di tutte le cose incredibili che si faranno da qui in aventi.
E a tutti voi là fuori – ogni individuo che si è trasferito in una città sconosciuta, ogni famiglia che lo ha accolto, ogni volontario che ha bussato alle porte, ogni giovane che ha votato per la prima volta, ogni americano che ha vissuto e respirato il duro lavoro del cambiamento – voi siete i migliori sostenitori e organizzatori che si possano desiderare, e vi sarò per sempre grato. Perché avete cambiato il mondo.
Lo avete fatto.
Ed è per questo che lascio questo palco stasera ancora più ottimista sulle sorti del nostro Paese rispetto a quando abbiamo iniziato. Perché so che il nostro lavoro non solo ha aiutato così tanti americani; ha dato ispirazione a tanti americani – in particolare tanti giovani là fuori – a credere che si può fare la differenza; a credere che si può attaccare il proprio carro a qualcosa di più grande di voi.
Lasciate che vi dica, ho visto questa nuova generazione – disinteressata, altruista, creativa, patriottica – in ogni angolo del paese. Voi credete in un’America più equa, più giusta, più inclusiva; voi sapete che il cambiamento costante è stato il marchio di garanzia degli Stati Uniti, che non è qualcosa da temere, ma qualcosa da abbracciare, voi siete disposti a portare avanti questo duro lavoro della democrazia. Presto supererete ognuno di noi, per questo credo che il futuro sia in buone mani.
Miei cari concittadini americani, servirvi è stato il più grande onore della mia vita. Non vi lascio; infatti, io sarò lì con voi, come cittadino, per tutti i giorni che mi restano. Ma per ora, se siete giovani o siete giovani di spirito, ho un’ultima richiesta da farvi come vostro presidente – la stessa che vi ho chiesto quando mi avete dato una possibilità otto anni fa.
Io vi sto chiedendo di credere. Non nella mia capacità di portare avanti il cambiamento – ma nella vostra.
Io vi chiedo di mantenere salda la fede scritta nei nostri documenti fondanti; quell’idea sussurrata da schiavi e abolizionisti; quello spirito cantato da immigrati e coloni, da coloro che hanno marciato per la giustizia; quella stessa idea riaffermata da coloro che hanno piantato bandiere in campi di battaglia stranieri o sulla superficie della luna; un credo al centro di ogni storia americana di cui non è stato ancora scritto:
Yes, we can.
Yes, we did.
Yes, we can.
Grazie. Dio vi benedica. E possa Dio continuare a benedire gli Stati Uniti d’America. Grazie”.
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