Sottosegretario Pier Paolo Baretta, si sta andando a passi veloci verso la fusione: è questo lo scenario migliore?
«Credo che la fusione sia la soluzione più giusta: ci vuole un piano industriale, che dev’essere presentato al più presto e sulla base di quello valuteremo l’operazione. Ma lo ripeto a voce alta: vanno esclusi i licenziamenti».
Con la crisi di governo sono garantiti i fondi a sostegno dei prepensionamenti del comparto bancario?
«Gli aiuti al settore del credito sono contenuti nella legge di Bilancio, che abbiamo confermato al Senato nei giorni scorsi, è dunque legge dello Stato con copertura finanziaria, sono soldi dunque disponibili nei tempi stabiliti».
Dalla fusione delle due ex popolari venete nascerà una nuova banca. Come valuta questa operazione?
«Veneto Banca e Popolare di Vicenza, unendosi, possono rafforzare il recupero di autorevolezza, fortemente compromesso. Sono banche con una forte aderenza con il territorio e con molti correntisti, non sono affatto finite, occorre solo rilanciarle con un nuovo piano industriale. Le due banche devono costruire la fusione e guardare complessivamente al sistema finanziario veneto, ossia a quello delle molte, troppe, banche di credito cooperativo e delle molte fondazione bancarie, dentro una prospettiva di crescita. Un disegno sulla finanza veneta è un disegno sul Veneto. È questo che serve, è questo che manca».
Prima però ci sono due passaggi “necessari” che le ha dichiarato essere “essenziali per una taglio netto con il passato e ripartire”.
«È necessario ripartire da due nodi cruciali: l’azione di responsabilità e il piano di ristoro per i risparmiatori. La lettura critica delle vicende delle banche venete deve infatti partire dalla necessità di fare chiarezza sulle gestioni precedenti. Solo attraverso questi due interventi si potrà segnare una cesura tra passato e futuro, restituendo fiducia al territorio e ai risparmiatori».
Cosa ci rimane dalle vicende di Veneto Banca e Popolare di Vicenza?
«Ci sono precise responsabilità degli amministratori delle banche ma, anche, una omissione generale. Il Veneto ha avuto una crescita economica molto veloce alla quale non ha fatto da contraltare una necessaria maturazione istituzionale, politica e di assetti economici e culturali. Dopo cinque anni non siamo stati in grado di dare una risposta adeguata alla crisi. È esemplificativa la reazione all’arrivo del fondo Atlante, avvertito come una colonizzazione. Eppure non un solo euro degli imprenditoriveneti è stato investito per salvare i due istituti».
Oltre alle responsabilità degli amministratori, che saranno accertate dalla magistratura, come valuta l’educazione finanziaria dei risparmiatori?
«Ci sono posizioni e responsabilità diverse che fanno emergere con forza il problema dell’assenza di educazione finanziaria in Italia. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge: noi crediamo che i cittadini debbano essere tutelati con strumenti interpretativi che vadano al di là dei controversi moduli Mifid o delle lusinghe delle banche».
Nicola Brillo
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