Ad appena un mese dal referendum costituzionale del 4 dicembre si moltiplicano gli appuntamenti per fare chiarezza sulla consultazione popolare e, in senso più ampio, sull’intera riforma voluta dal governo Renzi, mentre i sostenitori di una o dell’altra bandiera cercano di conquistare le schede degli indecisi: ieri sera, al centro culturale Candiani di Mestre, per mettere a confronto le due posizioni sono intervenuti Pierpaolo Baretta, sottosegretario del ministero dell’Economia, e Massimo Villone, professore emerito di diritto costituzionale dell’università di Napoli, e in circa un’ora di discussione hanno tentato di sviscerare “le ragioni del sì e del no”, come recitava il titolo dell’incontro. Seduti dietro allo striscione del comitato veneziano contrario alle modifiche della Carta, organizzatore dell’evento, i due esperti si sono dati battaglia partendo proprio dalle implicazioni future della riforma, che per Baretta dovrebbe riuscire a garantire maggiore efficienza amministrativa al sistema paese, mentre per Villone rischia di originare una deriva centralista capace di affossare le territorialità più virtuose. «Da tempo si attendeva un aggiornamento della Costituzione – ha esordito il sottosegretario -. Con questo testo vogliamo rispondere alle esigenze di semplificazione dell’iter legislativo, di risparmio pubblico, ma anche di allargare la partecipazione popolare alla vita politica. È vero, poi, che si cerca di riequilibrare il rapporto tra governo centrale e amministrazioni locali, eliminando i conflitti, ma come si è deciso di dare a Roma le competenze in determinate materie, altrettante sono state affidate completamente alle Regioni». «Da anni la politica vuole mascherare la sua incapacità di applicare appieno la Costituzione sostenendo la necessità di modificarla – ha replicato il professore -. Questa riforma riduce gli spazi di democrazia: a fronte di uno spostamento netto del potere verso il centro, gli strumenti di partecipazione sono rimandati ad una prossima proposta di legge. Molto deboli anche le ragioni della semplificazione e del risparmio, che non sembrano risolvere realmentei problemi del Paese». «Votare sì ci permette di avviare un processo di rinnovamento, con il no si resta fermi alla casella di partenza – ha continuato Baretta -. Per il Veneto, infine, il governo ha aperto alla trattativa per l’autonomia, quella è la strada da seguire. Certo che, invece, pretese di indipendenza o secessione devono essere definitivamente abbandonate». «Se il cambiamento è per il peggio – ha tagliato corto Villone – si fa bene ad evitarlo. Certo, alcune modifiche al testo originario potrebbero essere utili, ma non in questi termini». Giacomo Costa
Scrivi un commento