Industria 4.0, il Veneto si mobilita Baretta: «Più mercati in un distretto»

Schermata 2016-09-24 alle 11.30.17PADOVA Il convegno sulla «fabbri-digitale del futuro» nasceva per festeggiare i 40 anni della rivista «L’Industria». Ma il titolo strizzava l’occhio all’attualità: mercoledì il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda ha annunciato che il piano Industria 4.0 include un «Competence Center» con i quattro Atenei del Veneto. E ieri al dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Padova gli attori della nuova sfida hanno parlato proprio di «Industry 4.0, digitale e terziario» a partire dalle «metamorfosi dell’industria e degli imprenditori». Il programma non è ancora definito: prendendo in prestito le parole del sottosegretario Pier Paolo Baretta, la rincorsa alla quarta rivoluzione industriale per ora testimonia solo «l’attitudine mentale di voler ripartire». Insomma: il governo ha lanciato la piattaforma e ha messo i soldi, ora bisogna mettersi d’accordo sui contenuti. Ma intanto il confronto è partito e prevale l’ottimismo: considerando che fino a pochi giorni fa il Veneto sembrava fuori dai giochi, è già un piccolo traguardo. «Non ho fatto fatica a convincere Calenda — svela Baretta —. Questa è una regione che unisce manifattura, turismo e logistica: non soltanto andava inclusa, ma dovrà giocare un ruolo da protagonista». Per Baretta il piano del governo è destinato ad aprire scenari inediti: «In passato i distretti erano merceologici e proponevano una pluralità di tecnologie finalizzate allo stesso scopo, mentre oggi abbiamo l’occasione di creare dei distretti tecnologici per favorire la convivenza di prodotti e mercati diversi in un unico distretto». Il problema ora è convincere gli investitori: «La fiducia — osserva Baretta — nasce solo se c’è un messaggio unificante, come quello della ricostruzione nel dopoguerra. Industria 4.0 può stimolare la voglia di riscatto perché è un progetto a lungo termine che punta a superare il fordismo e implica una rivoluzione profonda, anche culturale». I Competence Center non sono l’unica misura nell’agenda del governo per dare impulso allo sviluppo industriale: Baretta ha annunciato che i Comuni virtuosi potranno sbloccare gli avanzi di bilancio, a patto però di indirizzarli verso le infrastrutture digitali.

Se non si sa ancora con precisione cosa sarà Industria 4.0, si sa almeno cosa non sarà. Gianni Potti (Confindustria Servizi innovativi) dice: «Il fallimento dei parchi scientifici e tecnologici è sotto gli occhi di tutti, non possiamo permetterci di sostenere nuovi carrozzoni. E i Competence Center non dovranno servire a finanziare la ricerca accademica, avranno compiti diversi: nel resto d’Europa gli esempi ci sono già, non abbiamo nulla da inventare». In particolare Potti guarda alla Germania: «I tedeschi ci hanno insegnato che la sfida dell’Ict è superata, che l’uomo deve tornare al centro della fabbrica e che bisogna re-ingegnerizzare i processi produttivi. Dobbiamo imparare la lezione ma anche adattarla al nostro contesto: la via italiana al 4.0 deve mettere in risalto la flessibilità delle Pmi». A proposito di Germania, Andrea Bianchi (Confindustria) cita il modello del Fraunhofer (l’ente tedesco che raduna sessanta centri di ricerca applicata) e chiede di fare presto: «Partiamo in ritardo di dieci anni rispetto ai principali Paesi europei, nei prossimi mesi servirà uno sforzo per trovare i criteri con cui strutturare i Competence Center. Gli indicatori utilizzati dagli Atenei per valutare la qualità dell’insegnamento non vanno bene, bisogna ponderarne altri adatti a conciliare l’autovalutazione dell’Università con le esigenze delle aziende. E bisogna privilegiare gli elementi di snodo per evitare la proliferazione degli hub». Alberto Baban, presidente della Piccola industria di Confindustria, suggerisce: «Non dobbiamo focalizzarci sulla tecnologia, perché così si rischia la balcanizzazione del settore manifatturiero. Industria 4.0 dovrà essere la scusa per capire dove andrà il mercato e come cambieranno i processi produttivi». Il convegno, moderato da Dario Di Vico del Corriere della Sera, si conclude oggi a Palazzo Cesarotti con il dibattito su strategie e politiche per la competitività dell’impresa: tra gli ospiti l’ex premier Romano Prodi.

Alessandro Macciò© RIPRODUZIONE RISERVATA

2016-09-24T11:32:12+02:00 24 Settembre 2016|News, Notizie dal Veneto, Rassegna stampa|

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