«Non un soldo pubblico potrà essere utilizzato per aiutare direttamente i risparmiatori, metterebbe in moto un meccanismo impossibile da sostenere. Ma questo non significa che non possiamo discutere altre soluzioni con i soldi privati delle banche, come già fatto in passato». Il sottosegretario all’Economia e Finanze Pier Paolo Baretta ieri era ospite di Grafica Veneta a Trabaseleghe (Padova). Il padrone di casa Fabio Franceschi, che nelle popolari ha perso 5 milioni di euro, ha organizzato un incontro tra imprenditori e risparmiatori vittime del crac. Il governo, per salvare le quattro banche a dicembre scorso, ha messo in piedi un fondo di risoluzione (opzione prevista dalle norme europee e amministrato dalla Banca d’Italia), che ha ricostituito il capitale delle quattro banche ponte. Il fondo è stato alimentato dalle altre banche italiane. Nel decreto ora in discussione, gli investitori che hanno acquistato i bond prima del 12 giugno 2014 possono richiedere al Fondo di solidarietà istituito dal governo un forfait che coprirà al massimo l’80% di quanto investito, a condizione che abbiano un patrimonio mobiliare sotto 100.000 euro o che abbiano avuto nel 2015 un reddito inferiore a 35.000 euro. «La situazione è drammatica, certo, ma si può ancora fare qualcosa, e subito, perché il vero problema si porrebbe se le banche fallissero – ha proseguito Baretta – In quel caso il fallimento aprirebbe una voragine incontrollata che metterebbe a rischio l’intero sistema finanziario veneto». Poi ha sottolineato un altro problema: «C’è una fuga di depositi, per fortuna controllata fino ad oggi, che coinvolge privati e imprese clienti delle popolari venete. E questo rischia di creare problemi al sistema locale. Da quello che sento gli impieghi dei veneti stanno andando altrove, se a questo si sommano le richieste delle due popolari alle imprese di rientrare con i fidi la situazione diventerà insostenibile: bisogna interrompere subito queste due spirali pericolose». Il sottosegretario auspica tre azioni per ridare credibilità al sistema: il lavoro della magistratura, una commissione di indagine parlamentare e l’azione di responsabilità contro gli ex vertici. «Speriamo che Atlante subentri e prenda in mano la banca, i cui conti credo siano in grossa difficoltà, servono alcuni miliardi – ha commentato l’ad di Grafica Veneta Fabio Franceschi, che nelle scorse settimane ha ricevuto dalla banca la richiesta di rientrare di un fido da 30 milioni – Quello che mi fa più male è la situazione delle fasce deboli, pensionati e famiglie che hanno perso tutto, questi devono essere aiutati». Presente all’incontro anche don Torta, in prima fila nell’aiutare i risparmiatori. «Il Pil vero della nostra patria sono gli italiani, la povera gente – ha commentato il parroco di Dese (Venezia) – Non possiamo essere insensibili a quello che stanno passando le famiglie, che hanno perso tutto. Il denaro non deve essere l’unico dio davanti al quel ci stiamo inginocchiando». Molti gli imprenditori presenti, che hanno perso tutto nelle due popolari. Come ad esempio Aldo Scantamburlo, imprenditore del settore della carta, che ha perso diverse centinaia di migliaia di euro nelle due banche. «L’azienda potrà riprendersi, ma sarà in forte difficoltà – ha spiegato – Qui si è degenerato il cuore economico della regione, il futuro è purtroppo ipotecato». Aveva messo nelle azioni delle due banche tutti i risparmi propri e della famiglia, per garantirsi una pensione serena: qualche centinaia di migliaia di euro. Giuseppe Zoccarato, è attivo nel settore immobiliare: «Ora non ho più nulla, mi hanno azzerato i risparmi e ho un debito da pagare. Ma non ho mai avuto la percezione di quello che stava accadendo».
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