Progetti di sviluppo puntuali e concreti, da sviluppare anche di concerto con la Regione, e presentare poi al tavolo del Governo. Puntando magari ai fondi per le “aree urbane degradate” previsti dalla Legge di Stabilità. Questo, ancor più e ancor prima di un’eventuale Zona franca urbana, per l’Isontino e per la fascia confinaria con Slovenia e Austria del Friuli Venezia Giulia. E’ il “suggerimento”, ben supportato da tutta una serie di motivazioni, avanzato ieri dal Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze Pier Paolo Baretta nel corso del convegno “Zona franca urbana, fiscalità di vantaggio. Forze e debolezze del territorio di confine: una soluzione possibile”, promosso dalle Acli provinciali e svoltosi negli spazi della Fondazione Carigo. Baretta – che ha parlato della necessità di preservare e irrobustire i “germogli della ripresa economica, ancor fragili, che stiamo osservando ora”, ed ha illustrato poi una parte degli interventi a sostegno dell’economia inseriti nell’ultima Legge di Stabilità (dallo sblocco del patto di stabilità al bonus energia, fino all’aver evitato l’aumento dell’Iva di due punti percentuali) – si è detto “propenso in linea generale all’attivazione di aree specifiche di sviluppo, o zone franche urbane”, ma ha invitato anche a concentrarsi sulle difficoltà oggettive legate a queste operazioni. “Intanto – ha detto -, le zone franche urbane sono efficaci se sono poche, mentre in Italia si sta assistendo ad una loro proliferazione. Poi dobbiamo intenderci sul tipo di zona franca a cui puntiamo: se il modello sono quelle extra doganali europee di Livigno o Campione d’Italia, ad esempio, la competenza diventa dell’Europa e non del Governo italiano. Infine, tenete conto del fatto che vi trovate in una Regione autonoma: siamo sicuri che il dibattito italiano è in grado di reggere, oggi, una zona a vantaggio speciale inserita già in una Regione a statuto speciale?”. E allora? Di fronte a tutti questi interrogativi, ad una Zona franca urbana da attivare a scatola chiusa, senza un traguardo preciso, Baretta preferisce un altro approccio. Appunto quello di attivare un tavolo di confronto, tra il territorio e la Regione, per presentare poi al Governo progetti specifici da finanziare. “Magari attingendo anche a strumenti come i 500 milioni di euro che abbiamo inserito nella Stabilità per la rigenerazione delle aree urbane periferiche degradate”, ha osservato il sottosegretario. Una sfida che è stata subito raccolta dalla senatrice del Pd Laura Fasiolo, tra i relatori del convengo assieme alla presidente provinciale delle Acli Silvia Paoletti, promotrice dell’incontro, e al membro del direttivo nazionale delle stesse Acli Walter Raspa. “Chiedo alla Provincia, ai consiglieri regionali e a tutto il territori la disponibilità per avviare il confronto, e personalmente mi attiverò subito per continuare a lavorare in tal senso – ha detto -. Dobbiamo uscire dalla logica dell’assistenzialismo, ma al tempo stesso puntare a quell’armonizzazione fiscale che permetterebbe al territorio di esprimere le sue potenzialità”. Tantissimi poi i contributi arrivati durante la mattinata da istituzioni (hanno parlato l’assessore comunale Arianna Bellan e il presidente della Provincia Enrico Gherghetta, che ha illustrato la sua proposta di una “Labour Belt” per l’armonizzazione del costo del lavoro nelle aree di confine) e rappresentanti delle categorie produttive: Ariano Medeot per Confartigianato (che ha criticato tra l’altro gli studi di settore), Roberto Tonca per Confindustria (“Bisogna sburocratizzare”, ha detto), Gianluca Madriz per Camera di Commercio e Confcommercio. “Voglio usare un termine forte – ha detto Madriz -. Siamo in guerra, la guerra dei numeri e delle accise: in Slovenia un operaio costa mediamente mille euro in meno rispetto a quanto costa in Italia, e più o meno su tutti i generi di consumo, dal carburante al pane, fino ai tabacchi, oltreconfine si può risparmiare fino al 50%. Così non si può andare avanti”.
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