Camera dei Deputati. VI Commissione Finanze
Audizione del Sottosegretario di Stato
On. Pier Paolo Baretta
Sul settore del GIOCO
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L’articolo 14 della delega fiscale ha incaricato il Governo di predisporre un decreto legislativo che riorganizzasse il settore dei giochi alla luce dei rilevanti mutamenti intervenuti nel settore nel corso degli ultimi anni.
I cambiamenti, conseguenti alla evoluzione tecnologica e alle condizioni internazionali di mercato, non sono stati adeguatamente accompagnati da un quadro regolatorio che, nel tentativo di porre freno al diffondersi indiscriminato del gioco illegale, governasse la crescita del disagio sociale.
La bozza di decreto delegato ha interpretato il mandato parlamentare e rappresenta una sintesi dei numerosi progetti di legge presentati, della crescita della sensibilità sociale sul tema, nonché delle esigenze organizzative del settore.
In quest’ottica, l’intervento organico presente nella bozza di decreto delegato contiene una sorta di “codice” dei giochi fondato, nell’ordine, sui seguenti presupposti: la tutela della salute pubblica; la lotta alla illegalità; l’attenzione al prelievo fiscale e dunque al gettito erariale.
Nel corso dell’anno abbiamo svolto un attento lavoro di confronto con tutti gli attori coinvolti e la successiva “costruzione” del decreto ha condotto a riconsiderare i problemi fondamentali sottesi all’attuale sistema di gioco pubblico italiano, nella consapevolezza che andava posto un argine alla diffusione irrazionale del gioco.
In particolare, ci si è posti il problema di arginare e correggere la eccessiva diffusione del gioco pubblico che, se da un lato, ha contrastato la diffusione irregolare del fenomeno, assicurando importanti entrate all’erario, dall’altro ha prodotto evidenti conseguenze sociali.
Tuttavia, si è riscontrato che anche le politiche di proibizionismo, di divieto assoluto del gioco non rappresentano la miglior strategia di gestione e di controllo per un settore così esposto e delicato e potrebbero addirittura favorire la diffusione delle più svariate forme di illegalità.
In questa ottica abbiamo considerato irrinunciabile la riserva statale in materia di giochi. Essa si sostanzia, nella condizione attuale, prima ancora che nella raccolta di risorse finanziarie, nella esigenza di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica e contemporaneamente di accentuare il contrasto alle varie forme di illegalità, fenomeno rischiosamente pervasivo del settore gioco e delle scommesse.
A tale fine il decreto ha preso in considerazione alcune condizioni essenziali a cominciare dalla tutela della salute, a salvaguardia dei minori e dei soggetti più deboli.
Si è imposto un limite al numero degli apparecchi AWP, per gli esercizi generalisti primari quali bar, tabacchi ecc., proporzionandolo allo spazio a disposizione (sette metri quadri per apparecchio, fino ad un massimo di sei), in spazi dedicati non visibili dall’esterno. Tale sistema, con spazi dedicati, prevede la responsabilità diretta del gestore nel far rispettare le regole del divieto assoluto ai minori e di controllo sulle persone che si spingono, giocando, oltre il limite.
Cambia anche, nel testo del decreto, la tipologia delle “macchinette”, che verranno sostituite, nell’arco di un biennio, con delle nuove AWP da remoto, maggiormente controllabili, ma avendo gli stessi contenuti limiti di vincita e di gioco delle attuali AWP.
Più complesso è il caso della dislocazione e dimensionamento delle sale da gioco (gaming hall), per le quali si prevede un apposito regolamento che individui il numero massimo delle sale da gioco per ciascuna regione, secondo criteri di proporzionalità rispetto alla popolazione maggiorenne, alla superficie del territorio e alle sale da gioco già esistenti sul territorio stesso.
Costituiscono sale da gioco (gaming hall) gli esercizi, che operano sotto presidio e responsabilità del concessionario, dedicati al gioco pubblico ad accesso sorvegliato, limitato esclusivamente a pubblico maggiorenne. Nelle sale (gaming hall) la raccolta del gioco è effettuata sia mediante AWP che VLT ma è consentita solo se esse hanno una superficie non inferiore a 50 metri quadrati e se è rispettato il parametro di un apparecchio ogni tre metri quadrati.
Sottesa a tale problematica, manifestata anche nel confronto e nella riflessione con le associazioni che si occupano di disagio e con molte amministrazioni locali, è emersa la considerazione che forse, nel determinare una condizione di gioco legale, il più possibile controllato, come barriera contro l’illegalità, non vada sottovalutato il ruolo dei Casinò. Confermando che l’orientamento del Governo non è quello di una liberalizzazione della apertura di case da gioco ma che, al tempo stesso, si impone una riflessione sulla attuali difficoltà del comparto, la individuazione di una gestione unitaria della attuale organizzazione e la eventuale ulteriore dislocazione nel territorio nazionale di Casinò, condivisa con la gestione e la proprietà delle case da gioco esistenti, appare una delle possibili soluzioni da considerare.
Parallelamente, anche per il settore ippico potrebbe aprirsi un nuovo percorso e valere la considerazione di creare una lega ippica, per la gestione unitaria degli ippodromi, che possa considerare gli ippodromi come luogo, oltre che di gioco e di gara, anche di incontro e di socializzazione tra le persone.
La lotta alla illegalità
Uno dei compiti principali del governo in materia di giochi è quello di combattere il gioco illegale attraverso regole certe e trasparenti per il gioco legale. Il decreto propone la revisione di tutta la filiera concessoria, continuando ad utilizzare tale regime e proponendo l’introduzione dell’art.88 del TULPS per tutti gli esercizi che possiedono un terminale. Anche in tal caso vi è un pesante sistema sanzionatorio. Oltre alla sanzione amministrativa da 1.500 a 15.000 euro per ogni apparecchio sprovvisto di autorizzazione, è prevista la sanzione accessoria di cancellazione dall’elenco dei soggetti incaricati della raccolta delle giocate.
A tale proposito segnalo che i dati sull’emersione riguardano 2196 punti gioco che hanno richiesto la legalità.
Anche l’aver previsto il collegamento degli apparecchi in remoto risponde a un esigenza di emersione dell’illegalità. Inoltre, il sistema di gestione da remoto prevede una complessa architettura tecnologica che va sottoposta, da parte del partner tecnologico Sogei, a costanti verifiche diconformità rispetto alle regole tecniche. Tutte le operazioni di gioco sono memorizzate nella banca dati interna al sistema, allocato presso il concessionario, interrogabile in qualunque momento per ricostruire l’eventuale evento” vincita”.
L’illegalità è nascosta anche nel riciclaggio di denaro e per questo, tutti gli obblighi previsti per l’antiriciclaggio per i soggetti in concessione, sono previsti anche per coloro che operano nel settore del gioco, sia pure in mancanza di concessione valida rilasciata dallo Stato. Altra “sicurezza” è la previsione del palinsesto; si accettano e si formulano scommesse solo su eventi autorizzati dallo Stato.
Il decreto legislativo affronta anche la questione della organizzazione della filiera del settore, predisponendo una sorta di “contratto tipo” che regoli i rapporti tra concessionari e gestori, fatta salva, ovviamente, la natura privatistica del rapporto. Va letta in questa ottica la proposta di effettuare il prelievo fiscale sul margine operativo.
Sulle molte altre questioni prese in considerazione dal decreto rinvio al testo più articolato già predisposto per la Commissione bicamerale antimafia.
Voglio, però, in conclusione, soffermarmi sui due punti più controversi del dibattito politico che ha accompagnato la stesura del testo e sui quali è intervenuta una nuova e più completa elaborazione.
La pubblicità.
La gestione del messaggio pubblicitario assume una rilevanza fondamentale nella strategia pubblica di gestione del gioco. Dopo una lunga riflessione, anche personale, sono arrivato alla determinazione condivisa dalla Amministrazione, che sia possibile decidere – e così avrebbe deciso il decreto se fosse stato inviato alle Camere – il divieto assoluto di qualsiasi forma di comunicazione commerciale, di pubblicità, di sponsorizzazione o di promozione di giochi con vincite in denaro, offerti in reti di raccolta sia fisiche sia online.
Si tratta di una decisione impegnativa che avrebbe fatto fare allo Stato un salto di qualità nella credibilità del nuovo approccio pubblico al tema dei giochi.
Il dibattito controverso e, in alcuni casi, frettoloso che ha accompagnato la preparazione del decreto delegato ha sottovalutato l’impatto di questa decisione che oggi sarebbe già applicata.
La violazione del divieto è punita con la sanzione amministrativa di euro 100.000. La sanzione è irrogata al soggetto che commissiona la pubblicità, a quello che la effettua, nonché al proprietario del mezzo con il quale viene diffusa.
Le regole degli enti locali.
In assenza di una adeguata regolamentazione ed a fronte del diffondersi del gioco, soprattutto nel comparto delle così dette “macchinette”, gli Enti locali hanno provveduto, con propri interventi, a regolare o arginare o vietare la diffusione territoriale degli apparecchi da gioco.
La novità che viene introdotta col codice, cambia la prospettiva. È necessario, dunque, che lo Stato centrale, che si riserva la gestione del gioco pubblico e gli Enti locali trovino un nuovo sistema di regole condivise di gestione del settore. Le polemiche sulle prerogative non ci aiutano. Ribadito, infatti, che l’approccio pubblico non è per la proibizione del gioco e che il decreto opera un rilevante intervento di riduzione e regolarizzazione dell’offerta, è indispensabile che tutti i soggetti pubblici che hanno competenze sul tema trovino un comune modo di procedere.
A questo fine la proposta che facciamo è che la sede di questo confronto sia la Conferenza unificata in cui lo Stato, le Regioni e gli enti locali sanciscono intese in ordine alla distribuzione territoriale delle sale da gioco (gaming hall) che offrono i giochi con vincita in denaro. Le intese, in ogni caso, devono risultare tali da assicurare la possibilità di concessioni di gioco uniformi a livello statale e sull’intero territorio nazionale, nonché la salvaguardia dei loro valori patrimoniali. Infatti presso le Conferenze è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato tecnico permanente che riferisce annualmente al Parlamento sui risultati del proprio lavoro, di analisi e valutazione della normativa nazionale in materia di giochi pubblici, di dati e informazioni riguardanti la dinamica del settore dei giochi, nonché dell’elaborazione di proposte al Governo, previa deliberazione delle Conferenze.
L’insieme dei provvedimenti descritti sono contenuti nel testo più volte citato che è stato consegnato alla Presidenza del Consiglio ed ai Presidenti di Anci, Upi e regioni.
Il Consiglio dei Ministri ha, però, valutato non matura la adozione di questo testo, lasciando decadere la delega.
Il quadro che ci si prospetta, ora, a delega scaduta, potrebbe prevedere tre possibili soluzioni alternative.
La prima consiste nella riapertura dei termini per l’esercizio della delega, condivisa dal Parlamento e dal Governo. Tale soluzione avrebbe il vantaggio di accorciare i tempi della sua approvazione, poiché il testo è oramai completo. Il consenso sui contenuti del nuovo codice è ampio.
La seconda affida le scelte alla discussione parlamentare dei numerosi disegni di legge presentati in tempi più o meno recenti, in entrambi i rami del Parlamento. Per evitare la frammentazione ci si potrebbe affidare al dibattito unificato. E’ ovvio che andranno rispettati i tempi dell’iter parlamentare, tenendo presente che il testo necessiterebbe, comunque, di condivisione quantomeno degli attori coinvolti.
Occorre precisare che ad oggi sono presenti in parlamento numerose proposte di legge in materia di giochi, molte finalizzate ad impedire il messaggio pubblicitario o a contrastare genericamente il gioco d’azzardo. Un intervento organico è rappresentato dal DDL Mirabelli, assegnato il mese scorso alla 6ª Commissione Senato (S.2000), che riprende gran parte delle tematiche affrontate nella bozza di decreto delegato, in attuazione, sia dei principi sanciti nell’articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (delega fiscale, già attuata in relazione ad alcuni ambiti di delega) che nell’articolo 7 del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158.
Infine, come terza soluzione, ma non meno valida delle altre, si affidano alla Legge di stabilità 2016 le misure ad impatto fiscale e finanziario inerenti la delega, ad esempio introducendo il nuovo criterio per la tassazione sul margine o prevedendo ulteriori misure per l’emersione del nero o ancora, rinforzando il sistema sanzionatorio. Tale ultima soluzione vedrebbe anticipata solo la parte fiscale, lasciando poi l’aspetto ordinamentale ad altri provvedimenti normativi.
Altre soluzioni possibili – quali ad esempio intensificare la tassazione sul Preu – non contrastano con la possibile adozione della delega, ma non ne sarebbero coerenti e rappresenterebbero una difficoltà con il settore, tanto più se non comprensivi della cifra di 500 milioni già prevista e della quale abbiamo già incassato la prima rata di 200 milioni ed attendiamo, come da disposizione di legge, entro la fine di ottobre, il versamento della restante parte di 300 milioni.
Spetta al Consiglio dei ministri scegliere tra queste diverse ipotesi. Un contributo, in tal senso, da parte della Commissione Finanze, appare opportuno.
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