Veneto Nanotech appesa all’ultimo vertice. Il complicato tentativo di fermare la corsa verso la liquidazione della società (per il 76% della Regione) dedicata a ricerca e trasferimento tecnologico nelle nanotecnologie, fa tappa domani al ministero dello Sviluppo economico, al tavolo di crisi con il responsabile dell’unità di crisi, Giampiero Castano, a cui sono stati invitati Regione e sindacati. Il tema è come affrontare la crisi della società, dopo che è scaduto, il 31 maggio, il termine per versare i 2,8 milioni di euro di aumento di capitale per coprirne 3,5 di debiti. È scattata così la clausola, approvata nell’assemblea soci di febbraio, che il mancato versamento apre la liquidazione.
Le vicende s’incrociano. Ieri l’amministratore unico di Veneto Nanotech, Gabriele Vencato, ha convocato per il 17 giugno l’assemblea soci per nominare il liquidatore. Due giorni prima i revisori dei conti depositeranno il bilancio 2014: decisivo sapere se sarà in continuità o in liquidazione. Di certo, par di capire, il tentativo di Vencato è di evitare la chiusura tout court, cercando almeno un concordato che salvi attività e progetti e tenga vivo l’interesse dei privati interessati a subentrare (come l’imprenditore Franco Masello).
Strade la cui fattibilità è da verificare, nel vertice di domani. Il limite minimo dei 200 dipendenti non pare aprire alla gestione straordinaria con la legge Prodi-Marzano. «Ma intanto si tratta di mettere tutti intorno a un tavolo e richiamare la Regione alla sua responsabilità,sull’aumento di capitale – sostiene il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che l’incontro ha sollecitato -. Va presa in mano la situazione: chiudere sarebbe un delitto».
Restano da vedere gli spazi di manovra per spingere la Regione ad una retromarcia in extremis su un aumento che per lei vale 2,1 milioni e che fin qui è stato rifiutato, mettendo in moto a cascata anche le quote di minoranza (da Fondazione Cariparo a Veneto Banca). Il piano di riordino delle partecipate regionali, approvato ad aprile, prevede la discesa dal 76% al 10%. Cambiando la linea di fatto tenuta fino a febbraio, che aveva portato il cda guidato da Francesca Gambarotto, nominato a settembre 2014, ad avviare una severa due diligence, per far emergere tutti i debiti e far poi scattare un piano di ristrutturazione e rilancio. Dove il presupposto però era il via libera all’aumento di capitale. Il cambio di linea della Regione sulla ricapitalizzazione aveva portato alle dimissioni del cda e all’incarico a Vencato. Trovatosi con la missione impossibile di pescare privati disposti ad entrare pesantemente in una ricapitalizzazione che copriva debiti del passato.
La Regione, per parte sua, aveva fatto leva sull’impossibilità di ricapitalizzare una società in perdita per tre esercizi; salvo mettere nel bilancio regionale 2015 una quota di 350 mila euro. Lo stesso bilancio in cui si erano poi trovati 50 milioni per il maxi-emendamento dell’ultimo minuto, che finanziava a pioggia un lungo elenco di micro-interventi. Campagna elettorale? No, tutt’altro: l’emendamento era intitolato «Interventi per la ripresa economica del Veneto».
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