Un bel successo questa marittima. Una bella giornata per Venezia!
Vedo le presenze, numerose, vive, vogliose di fare. Grazie. Grazie a tutti!
Ma, devo dirlo, ho visto anche le assenze. Soprattutto alcune. Principalmente, io penso a quelle della mia parte politica… che occasione persa per loro.
Venezia vuole scuotersi di dosso il torpore di questo lungo “inverno del nostro scontento”. Il lungo inverno delle Istituzioni, del Comune, commissariato da ormai un anno. Il lavoro del Commissario – che sta concludendo il suo mandato e a cui va il nostro ringraziamento – ha consentito alla città di non affondare (e non è poco!), ma non di salpare.
Forse non era suo compito. Ma nostro sì! Ed ora ci siamo.
Ma, ancora più lungo è l’inverno della nostra Regione, la prima d’Italia per flussi turistici, tra le più importanti d’Europa per industria, manifattura e traffici. Eppure priva, nella sua classe dirigente, totalmente priva, di quel respiro, di quella dimensione sovranazionale che le compete e di cui hanno bisogno le nostre imprese, la nostra cultura, la nostra arte, i cittadini. A tutto questo, però, stiamo provvedendo! Abbiamo ascoltato Alessandra Moretti e la ringraziamo di essere stata qui, con noi. A lei e alla sua squadra, ai candidati del Pd e della lista civica che la sostiene, tutto il nostro appoggio.
Venezia è infastidita ed umiliata dagli scandali. La corruzione pervasiva ha segnato la città. La politica locale ne è uscita malconcia, per sue colpe, innanzi tutto. Ma è stata trascinata, tutta, indipendentemente dalle responsabilità individuali (la giunta uscente, che pure paga pegno, non è stata nemmeno sfiorata dai fatti) in una sorta di colpevolezza generale di tipo politico, quando non giudiziario.
Ma, tant’è, i veneziani vogliono discontinuità. L’avranno!
Infatti, tutti i candidati sindaci affidano buona parte del loro messaggio mediatico, della loro fisionomia, alla interruzione col passato, soprattutto quello recente. Non basta! La discontinuità è una condizione; addirittura, in questa situazione, una pre condizione (come la moralità), ma non è la soluzione.
Anche a livello nazionale il Governo si è posto dal lato della discontinuità e del rinnovamento; ma lo sta facendo con strategie e contenuti.
Così deve avvenire anche qui, a Venezia. A cominciare dalla politica, dagli schieramenti, dai partiti, dal mio partito!
Ringrazio, perciò, Felice Casson e a Gigi Brugnaro di essere stati qui con noi. Ovviamente, non siamo neutrali, ma i contenuti della Stazione Marittima sono a disposizione di tutti i candidati e assicuro loro che questa iniziativa non finisce con le elezioni. Stiamo solo cominciando. Noi vogliamo essere, è stato detto, l’advisor trasparente dell’amministrazione pubblica!.
La risposta al torpore sta nel risveglio, nel mettersi in cammino, ovvero nei programmi, nelle scelte. È su questo terreno che, ora, va spostata la attenzione dei veneziani e questo deve essere il nostro contributo, l’apporto di questa iniziativa al dibattito pre elettorale.
Ma già, oggi, guardando oltre. Perché Venezia ha voglia di futuro ed ha clamorose potenzialità, ma è politicamente ferma, ancorata, immobile; piegata su sé stessa. Eppure, non è questa la sua storia. Non dimentichiamo: “Chi fa legno nuovo e chi ristoppa… chi ribatte da proda e chi da poppa; altri fa remi ed altri volge sarte; chi terzeruolo e artimon rintoppa…”.
Venezia vuole salpare, e molto si muove, ma è politicamente in secca, incagliata in sé stessa, di fronte alle grandi opzioni. Eppure, non è questa la sua storia, quando seppe agire sul cambiamento per conservarsi; quando deviò i fiumi e costruì dighe…ambiziose quanto il Mose…quanto il porto d’altura.
Ma noi non troviamo la rotta e ci dilaniamo da anni tra conservazione ed innovazione. Il dibattito sul futuro di Venezia deve pur uscire da questa “nassa” che ci imbriglia.
Ci deve pur essere un modo per tutelare il passato, senza diventarne prigionieri. Per costruire il futuro senza diventarne vittime.
È possibile un futuro in armonia col patrimonio naturale ed artistico unico e di cui siamo custodi? Sì, purché accettiamo che questo patrimonio non è cenere da venerare, ma fuoco vivo che fa bollire “la tenace pece”. Non rinunciamo a cercare questa sintesi!
È il compito più difficile, perché qui, a Venezia, i concetti di conservazione e di innovazione vengono tra loro contrapposti ed esasperati dalle condizioni oggettive e da atteggiamenti culturali e finiscono per mettere in conflitto passato e futuro, Storia e progetto; fino a diventare aggregatore di fazioni, di appartenenze, che vanno oltre i ceti sociali, oltre le idee e gli schieramenti politici.
Ma noi non dobbiamo demordere. La vera discontinuità è questa: trovare la via che tiene insieme storia, presente e futuro.
Ci sarà pure una via della seta tra Marinetti e Montanelli.
Tra le grandi navi ed un progetto che guardi ad almeno quindici/vent’anni data – cioè oltre il Contorta, che è emergenza – che ci consenta di non rinunciare alla grande croceristica turistica a Venezia;
Tra la ondata crescente di turisti – che sono una incomparabile ricchezza – è una gestine ordinata dei flussi;
Tra la sub lagunare, che a me convince poco nel suo progetto complessivo, ma sono pronto a discuterne, o una metropolitana di superficie, o il tram, fino a dove si può (dall’aeroporto alle zattere); e, comunque, una organizzazione dedicata ed autonoma dei trasporti lagunari.
Tra il porto d’altura, che mi convince di più ed una visione unitaria tra tutti i porti dell’alto Adriatico, senza gelosie e competizioni suicide, a cominciare da quelle che negano la importanza strategica del porto di Venezia e vogliono impedirne la crescita. Sarebbe come se noi sottovalutassimo la importanza del porto di Trieste. Non la sottovalutiamo; ma, allora, chiediamo reciprocità… anzi, pretendiamo un disegno comune. Ma, noi, intanto, potremo ben superare la anacronistica presenza di due porti (Venezia e Chioggia) con due governance, due gestioni, due prospettive indipendenti, dentro lo stesso spazio lagunare…
Tra il degrado inaccettabile di Marghera e le bonifiche e la riconversione possibile, come dimostra la raffineria green dell’Eni.
Come sapete potremo continuare a lungo, molto più a lungo, con l’elenco delle contraddizioni, dei sì e dei no che ci appassionano, ma che ci stoppano; perché nella irrisolta dialettica esasperante tra conservazione ed innovazione, a Venezia non c’è mai un punto fermo; ne quando è sì, ne quando è no!
Dentro questa crisi di identità si inserisce, e la aggrava, quella, non solo istituzionale, ma finanziaria, del Comune.
La nuova giunta dovrà predisporre subito un piano pluriennale di risanamento, che parta dalla presa di coscienza che quelle entrate straordinarie – ma, ahimè, vissute come ordinarie – che derivavano dalla Legge speciale e dal Casinò, non ci saranno più, almeno nelle dimensioni che hanno consentito al Comune, negli anni, di attestarsi sulla gamma alta dei servizi e della gestione. Bisognerà, allora, agire su tre piani di intervento:
la rivisitazione dei servizi alla persona. Non ho detto riduzione, sto dicendo redistribuzione;
la riforma delle partecipate. Non ho detto vendita, sto dicendo accorpamenti e finalizzazioni;
la riorganizzazione del lavoro e della gestione del personale. Non ho detto tagli, sto dicendo razionalizzazione.
Quando, nel mondo, si dice Venezia, si pensa a quello spazio limitato che va da san Marco a Rialto; ma Venezia, come ben sappiamo, è molto di più. Venezia è una città, ma è molte città! Peraltro, tutti, nel mondo, si sentono in diritto di parlare di Venezia, di dire la loro. Quasi di decidere. Come se Venezia, si è detto, fosse di proprietà del mondo, data in concessione ai veneziani.
Cerchiamo di non infastidirci troppo di questa originale condizione; viviamola come una … fastidiosa opportunità!
Perché Venezia è città locale e città globale; e, difatti, diversamente dalle altre città – altra originalità – la sua dimensione locale, coi suoi problemi di ogni giorno, del vivere quotidiano dei veneziani di acqua e di terra, coincide coi problemi del suo essere anche città metropolitana e città mondiale.
Guardiamola, allora, con l’occhio privilegiato di chi la vive, di chi la vede da dentro e con quello curioso di chi la visita, di chi la vede da fuori e facciamo, noi, di entrambe queste visuali, una unica prospettiva con la quale affrontare i problemi della nostra città ed aprire le porte al futuro di Venezia.
Una parte importante di questo futuro passa, proprio, attraverso quelle che ormai definiamo le tre porte di accesso alla città; alla città metropolitana, alla città che più di ogni altra, ancora oggi, unisce nell’immaginario collettivo, nella dimensione culturale, nei traffici, l’Europa con l’Est del mondo.
– La porta di mare: quel complesso che va dal Lido (potenzialmente il miglior resort d’Europa, se non di più) all’aeroporto Nicelli, all’Arsenale, all’Idroscalo, alla Certosa, a Sant’Elena. Una concentrazione imbarazzante tanto è potenzialmente strategica e tanto è lasciata al suo destino. Diamo vita ai progetti che ci sono…
– La porta di terra: da via Torino, con la nuova Università, Forte Marghera, il Vega, col padiglione Expo (finalmente una novità poco contestata, ma poco aiutata, si pensi alle difficoltà di realizzare l’attracco acqueo) ed i terreni limitrofi. Con dietro Porto Marghera e Mestre, il cuore della città metropolitana che guarda a Padova e Treviso.
– La porta d’aria: il quadrante Tessera, con l’aeroporto, uno dei primi d’Italia, porta vera verso oriente; il Casinò (il vero Casinò, perché ca’ Vendramin perde, ma ca’ Noghera no, però sta degradando), lo stadio; ma, anche, Quarto d’Altino, un complesso archeologico straordinario, sottovalutato ed inesplorato.
Eccoci, dunque, qui. Al termine di questa giornata interessante, di questo viaggio tra le idee, siamo arrivati alla Stazione.
Ogni stazione (Santa Lucia, Termini, porta Principe, santa Maria Novella, Leopolda…) è un luogo di incontri, di partenze e di arrivi.
Ma, una Stazione Marittima è qualcosa in più: evoca orizzonti senza confini, arrivi e partenze da e per luoghi lontani.
Per questo abbiamo scelto la “Marittima”: perché ci propone una attitudine mentale alla scoperta, al nuovo, al diverso. Perché noi veneziani lo sappiamo bene, perché è la nostra storia: per tornare bisogna partire…
Insomma: guardare lontano e pensare in grande.
Questa è la nostra idea di Stazione Marittima, questa è la nostra idea di Venezia.
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