La provocazione di Boraso – rinviamo le elezioni perché il bilancio del Comune è in crisi! – è politicamente ed istituzionalmente insostenibile. Ma la crisi c’è ed è seria. Tant’è che il commissario Zappalorto ha profetizzato che il prossimo Sindaco sarà il più sfortunato degli ultimi vent’anni! A sostegno di questo non consolante augurio ha fornito i dati di un disavanzo che va ben oltre le previsioni, la congiuntura ed i vincoli imposti dal patto di stabilità; fino a prefigurare un possibile stato di pre dissesto! Le cause delle difficoltà sono note, ma poco indagate, o meglio rimosse! Venezia si è abituata a vivere “bene” per le risorse che gli sono state assicurate da due floride entrate che hanno storicamente implementato il bilancio pubblico: la legge speciale ed il Casinò. Entrate straordinarie! Anche se in città sono sempre state sempre vissute come ovvie ed inesauribili. Sono queste che hanno consentito alle diverse giunte, sempre di centro sinistra, di garantire una elevata diffusione e qualità dei servizi pubblici, un buon welfare per i cittadini e una condizione dei dipendenti pubblici migliore di tante altre città. È col progressivo, ma rapido, venir meno di queste due entrate che i problemi sono cominciati. Da queste, dunque, bisogna ripartire. I progetti di legge speciale depositati vanno attivati; ma, più che una nuova, l’obiettivo deve essere la “manutenzione e rifinanziamento” di quella in vigore. E, sul Casinò: la nuova giunta dovrà scegliere se confermare la vendita – non si sa bene a chi – o pensare ad un rilancio non impossibile.
Il punto, però, è che quand’anche queste idee andassero in porto, non risolverebbero il problema in quanto le entrate, per quanto rigenerate, non raggiungeranno più i livelli del passato! Serve, dunque, una nuova visione delle minori risorse disponibili, una loro diversa distribuzione, ma non per questo di minore qualità. Serve quel piano pluriennale di rientro di cui si parla. Così Venezia sarà credibile nel chiedere a Roma di sostenere questo sforzo, liberandola dai vincoli del patto di stabilità (come ha opportunamente richiesto Nicola Pellicani, presentando la sua candidatura) e dotandola di un contenuto fiscale proprio, quale, ad esempio, una più favorevole compartecipazione all’Iva (meglio se d’intesa con altre grandi città d’arte come Firenze e Napoli; Roma Capitale è un caso a sé). Il governo intanto farà la sua parte, a cominciare dal fatto che, come lo scorso anno, il Comune ed i suoi dipendenti non subiscano per intero le sanzioni del patto.
Ma non accontentiamoci di quanto potrà e dovrà fare Roma. Venezia è una città straordinaria e come tale va vissuta da Roma e come tale è vissuta dal mondo; ma Venezia e Mestre è anche una città normale che trova nella solidarietà e la lungimiranza di chi la vive la determinazione e la capacità di cavarsela anche con le proprie forze. Così è sempre stato in passato, quando non c’erano risorse esterne a cui attingere o uno Stato nazionale che non fosse se stessa! Rilanciamo, dunque, un serio ed onesto patto tra il Comune e la città, tra la futura giunta, Sindaco in testa, ed i veneziani. Per dirla chiara: nessuno – dipendenti comunali, commercianti, professionisti, albergatori, gondolieri e tassisti, imprenditori, sindacati, operatori sociali e della cultura. e via dicendo – dovrà essere calpestato nei propri diritti e convenienze, ma tutti dovranno essere disponibili a contribuire, anche in proprio, ad un necessario e condiviso piano di risanamento e rilancio. Questa presa di coscienza collettiva dovrà diventare il cuore della ormai avviata campagna elettorale; rappresentare la vera “discontinuità”, di cui giustamente si parla; la vera carta che i cittadini possono offrire e debbono pretendere da coloro che li vogliono governare e la vera faccia che i politici devono mostrare quando chiederanno i voti.
Pier Paolo Baretta
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