VENEZIA Combaciano come il palmo della destra su quello della mano sinistra, le visioni sulla Porto Marghera del futuro del presidente dell’Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa, e del sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta. Finita l’era dell’industria chimica di base, inizia quella «porto-centrica» della logistica che è insieme industria leggera: arrivano via nave semilavorati, che a terra sono trasformati in prodotti finiti Made in Italy e via mare o via gomma ripartono per l’Oriente o l’Est Europa.
Dopo la crisi degli anni Settanta e Ottanta, la ritirata della chimica e la posizione tenuta dalla cantieristica: la storia passa la mano alla logistica. Per ora, gli ultimi dati dell’Osservatorio su Porto Marghera dicono che con Fincantieri a pieno regime, la riconversione della raffineria Eni e le manutenzioni del petrolchimico, nel 2014 gli addetti sono aumentati di 2.440 unità. Ma sull’occupazione della Porto Marghera del futuro nessuno può far previsioni. Intanto, con i 152 milioni dell’accordo firmato ieri, si preparano le infrastrutture; le industrie verranno. Ma come?
«Per questa chiamata agli investitori servirà un’agenzia che promuova il territorio. Non è la proposta di un nuovo istituto, sia chiaro. Non sta a me indicare come o chi debba compiere questo lavoro. Ma lancio il sasso, perché oltre alle banchine, alle bonifiche, alle strade, serve una vera promozione industriale», dice Baretta.
Dunque, mentre aprono i cantieri e durante i 30 mesi di lavori va urlato al mondo che Porto Marghera si prepara?
«Sì, serve far conoscere la rigenerazione dell’area. Compito di tutte le associazioni d’impresa, regionali e nazionali, e delle forze sociali. Anche il sindacato deve sentirsi protagonista: qui non siamo in un’ottica rivendicativa ma di progettazione del futuro».
Finite le infrastrutture portuali, però, gli insediamenti industriali devono trovare una collocazione nel Piano Regolatore Portuale. Ci si sposta cioè dal Mise al ministero dei Trasporti, i tempi non rischiano di allungarsi?
«Ma senza perdere un minuto, perché questo accordo entra nel dettaglio, non è un piano generico. Quindi abbiamo la possibilità di far procedere le due cose assieme col concorso forte dell’Autorità portuale di Venezia e delle istituzioni pubbliche. Lo stesso tavolo di stamattina (ieri, ndr ) è un tavolo progettuale: man mano che i lavori procedono deve essere fatta la chiamata agli investitori».
Da anni si annunciano investimenti, ma è ancora presto per dare un nome o due alle imprese che verranno a Porto Marghera...
«Per prima cosa: dopo questi interventi, si può finalmente riparlare di industria a Porto Marghera; il suo destino sembrava dovesse allontanarsene, invece no. Pensiamo solo a quanta rete ferroviaria è presente dentro quell’area. Sbagliato demonizzare i progetti della Torre Cardin o di attività commerciali. L’area è vastissima, possono convivere: industria compatibile con attività commerciali e addirittura turistiche, perché si dà un indirizzo che sia compatibile con l’ecosistema delicato della laguna ma che assicuri una proiezione verso i mercati interni. Noi da oggi prepariamo un terreno fertile, starà poi all’imprenditore valutare la convenienza dell’investimento».
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