MOGLIANO (Treviso) – Primarie? Si può farne a meno. Il Pd le lancia, il Pd le toglie. Entro ottobre sarà scelto il candidato da contrapporre al centrodestra alle prossime regionali, ma a decidere il nome può bastare una sintesi prodotta dal gruppo dirigente. Capace, secondo il segretario Roger De Menech, di trovare un uomo (o una donna, e non una a caso, ad esempio Alessandra Moretti) che incarni il progetto di rinnovamento e spinga i democrats alla conquista del Veneto. Questa è la strada auspicata dal massimo dirigente del partito: «Se saremo capaci di farlo, saremmo ancora più bravi delle primarie».
È arrivato all’improvviso, durante un convegno promosso dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta in quel di Mogliano Veneto, il passo indietro sullo strumento che negli ultimi anni il Partito Democratico ha scelto come propedeutico ad ogni turno elettorale: nei Comuni sopra i 15 mila abitanti, alle provinciali e perfino alle politiche per stabilire l’inserimento in lista dei parlamentari.
Ma Padova insegna. Padova, dove il centrosinistra già frammentato si è spento proprio dopo le primarie vinte per un soffio da Ivo Rossi, lasciando strada libera alla Lega che ha piantato il suo vessillo sul capoluogo. Una storia che il partito non vuole si ripeta. «Non so se siano necessarie, sono uno strumento e non un fine – continua De Menech -. Non abbiamo la fobia del metodo, l’abbiamo già utilizzato, se le primarie andranno fatte bisognerà farle bene. Ma il passo indietro di alcuni può farne fare dieci al Veneto, è questo l’obiettivo».
Ed ecco che spunta una delle clausole per le ipotetiche primarie, se l’auspicata condivisione non arriverà: chi si candida presidente della Regione, non potrà candidarsi consigliere. Un modo per arginare chi vorrebbe presentarsi per la carica principale con l’obiettivo di avere, se non altro, la possibilità di competere per entrare a Palazzo Ferro Fini. Evitando candidature che interferiscano solo con la scaletta e il programma.
Ottobre è la dead line. «Il candidato va scelto subito, è strategico per iniziare la campagna elettorale – sentenzia De Menech -, l’estate servirà per la riflessione, in autunno arriverà la sintesi». Il segretario non si sbilancia, «non importa che siano uomini o donne, giovani o vecchi, dovrà essere il simbolo dell’alternativa e del cambiamento». Ma è deciso sulla provenienza: «C’è un quadro di dirigenti capaci, non abbiamo paura di scegliere, rispetto al passato, all’interno del recinto del Pd. Renzi ci insegna che il Pd può governare». Qualcuno in sala però sussurra che i renziani, preso il potere del partito, sono diventati d’un tratto dalemiani: «Adesso, di nuovo, scelgono i dirigenti». Così è, se vi pare.
«Le primarie vanno usate se serve – incalza il capogruppo in Regione Lucio Tiozzo -. Se un partito attraverso il dibattito individua subito una candidatura condivisa, perché dovrebbe fare le primarie? Non sono un feticcio». Sembra quasi che vengano sconfessate, dopo anni di sponsorizzazione ad ogni livello. «A Padova, ad esempio, era meglio non farle – sottolinea Tiozzo -. Ma l’esperienza serve per non commettere errori in futuro, perseverare è diabolico. Se per la Regione non si troverà la quadra faremo le primarie». Più decisa sul fronte del no è la deputata Floriana Casellato: «Un partito deve capire chi è utile o no al territorio, è questo il suo compito. Utilizziamo le primarie con parsimonia». E per le regionali 2015 pare ormai opinione comune che non servano, neanche per i consiglieri per i quali valgono le preferenze individuali sulla scheda. A patto che il centrosinistra si presenti unito: «Non ci interessano i ticket dell’ultimo minuto, si parte dalla condivisione del programma. Di alleanze si parla dopo».
«Abbiamo molti potenziali candidati – suggerisce Tiozzo -, il segretario regionale, chi ha ottenuto ampi consensi alle europee, i sindaci di Vicenza e Treviso e dirigenti preparati». Un marasma da cui esce, sempre e comunque, lo stesso nome di punta: Alessandra Moretti, vicentina, deputata europea. Giovane, bella presenza, già bersaniana, oggi renziana. Nella sfida contro il probabile ricandidato del centrodestra Luca Zaia, e dopo il successo primaverile, è considerata capace di portare a casa il bottino. «Zaia è ancora forte ma ha governato in modo piatto – spinge De Menech -, noi possiamo dare al Veneto il verso giusto». Se il nome fosse quello della Moretti (come nelle aspettative di molti) non servirebbe quindi passare per le primarie. E gli aspiranti competitors nel Pd dovrebbero mettersela via.
Al convegno di ieri “Obiettivo Veneto2015” nelle prime file c’erano De Menech, Tiozzo, Baretta, Casellato, l’ex segretaria regionale e parlamentare Rosanna Filippin, il senatore Giorgio Santini, il segretario veneziano Marco Stradiotto, il sindaco di Treviso Giovanni Manildo, l’ex sindaco di Padova Ivo Rossi, sindaci, consiglieri regionali e provinciali. Una sfilza di pezzi grossi del Pd per l’uscita che inaugura, in qualche modo, la campagna elettorale. Manildo, citato fra i papabili, se ne tira fuori con garbo, ma è più renziano dei renziani (quelli di prima) quando apre alle primarie: «A me piacciono, ci sono passato e le ritengo un amplificatore del programma . Ma se c’è una persona a cui tutti riconoscono la capacità di interpretare il progetto politico e amministrativo, allora è un altro discorso». Chiede attenzione però Paolo Feltrin, il politologo che ha introdotto il convegno: «Le primarie rischiano di delegittimare il candidato naturale perché se il centrosinistra si divide è difficile ricompattarlo. Ci sono due sinistre che insieme non riescono a stare. Non bisogna ricreare la situazione di Padova. Le regionali sono le elezioni più difficili, il candidato va scelto il prima possibile». Ci sono anche Rovigo e Venezia commissariate e alla ricerca di un sindaco. Ma anche nei Comuni lo strumento delle primarie va pesato: «Se c’è una leadership forte bisogna prenderne atto».
Silvia Madiotto
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