Chiusura magistrato alle acque, “una decisione inesorabile, un prezzo da pagare” (dal Corriere del Veneto)

Screenshot_2014-06-19-09-49-42All’inizio era calato il silenzio dopo il gesto repentino del governo di chiudere l’ufficio del Magistrato alle Acque. Ora la politica comincia a chiedere chiarimenti. Un’interrogazione parlamentare verrà depositata i prossimi giorni, a firma di Giulio Marcon, deputato di Sel: «Ci piacerebbe che il governo ci spiegasse la decisione e come intende riorganizzare ora le competenze». Tutto è precipitato con l’onda giudiziaria: il premier ha pensato che fosse impossibile tenere in vita un controllore pubblico accusato di essere pilotato dal suo controllato, il Consorzio Venezia Nuova. «Una decisione inesorabile, un prezzo da pagare», la definisce amaro il sottosegretario all’economia Pierpaolo Baretta. Quello che si archivia è un pezzo di storia iniziata in un passato quasi remoto, il 1501. «Il rischio è che un intero patrimonio di saperi, che solo quella Magistratura aveva, possa andare disperso». Lo riassume così l’assessore all’ambiente provinciale Paolo Dalla Vecchia, anche lui preoccupato pur stando sul lato politico opposto del sottosegretario. E aggiunge: «E’ come se fosse stato beccato un apicale dei Carabinieri e si procedesse ad eliminare l’Arma. E’ davvero così?». Intanto le attività di quell’ente sono state assorbite da Roberto Daniele, il provveditore interregionale alle opere pubbliche del Nordest, che già fungeva da Magistrato alle acque. Operativamente non cambia nulla, eppure «la decisione lascia perplessi», insiste Dalla Vecchia. Di positivo, secondo Baretta, è che si «aprirà una riorganizzazione complessiva dei poteri di controllo e tutela, magari immaginando un nuovo ruolo per il Comune». Tutti sembrano concordare comunque su una cosa. «Ritornare ad uno scenario ordinario di norme e regole – prova a riflettere Maurizio Conte, assessore regionale all’ambiente – La straordinarietà ha permesso a certi sistemi di degenerare ed essere ben poco trasparenti. Tuttavia a regole precise, poi sono le persone a fare le istituzioni». Lo dice con cautela, l’affaire Mose ha investito in pieno il collega alle infrastrutture Renato Chisso, tuttora in carcere. «In tutte le grandi opere si è riprodotta una opacità inaccettabile che arriva a tutti i corpi dello Stato – punta il dito Giulio Marcon – E nel Mose il sistema di concessionario unico ha svelato tutta la possibilità di corruzione che quell’opacità permetteva». Che fare dunque? Per Baretta «bisogna riuscire a sedimentare una normalità di controlli». Cosa non semplice in una città che, come un rompicapo «vede muoversi un gran numero di autorità e tutte con grandi poteri – continua – E’ impensabile che il Comune sia l’istituzione con meno competenze». Questo, prevede Baretta, «occuperà un peso centrale nella prossima campagna elettorale in città». «E’ giusto riorganizzare enti e poteri e qui c’è pure la questione della città metropolitana – riflette Dalla Vecchia – Bene anche l’Authority centrale. Ma giù, nei livelli più bassi, cosa si fa? Quali anticorpi ci sono già dentro la pubblica amministrazione? Come li usiamo?». Il problema, insiste l’assessore, è che «veniamo da una lunga stagione in cui i poteri di controllo sono stati smantellati o distratti, dai revisori dei conti all’abolizione del Coreco. E si è prodotto un isolamento attorno a tanti amministratori e funzionari. Io per primo ne sono stato vittima».
Fabio Bozzato

2014-06-19T10:20:13+02:00 19 Giugno 2014|In evidenza, News, Notizie dal Veneto, Rassegna stampa|

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