“Salva Venezia”, sì dei senatori (Corriere del Veneto)

corriere veneto salva veneziaVENEZIA — Primo sì (in commissione) al «Salva Venezia» anche se Ca’ Farsetti rimane in fibrillazione perché adesso ci dovranno essere i voti in Senato e alla Camera: il termine ultimo del 28 febbraio si avvicina, e i decreti da convertire in legge sono tanti. Quello del Parlamento è un vero e proprio ingorgo di otto decreti lasciati in eredità dal governo Letta, e senza l’approvazione Venezia sarà a tutti gli effetti fuori dal Patto. «Vediamo cosa succede, speriamo, c’è tempo fino al 28 febbraio. Non è semplice nell’attuale situazione politica del Paese», commenta il sindaco Giorgio Orsoni meno fiducioso del solito.
Anche perché Ca’ Farsetti non ha nessuno piano B. «Che piano alternativo possiamo fare? — aggiunge il vicesindaco Sandro Simionato —. Il problema sono i tagli allo stipendio del personale, e la legittimità o meno degli atti che l’amministrazione può fare, la legge non ci dà margini». Sulla riduzione dei trasferimenti infatti il problema è secondario se come sembra il Casinò quest’anno sarà privatizzato. Dall’operazione arriveranno 110 milioni di euro (la prima tranche dell’una tantum) che garantirà a Venezia di tornare tra i Comuni in regola annullando dal 2015 tutte le sanzioni che invece potrebbero essere previste nel 2014 se non arriverà l’approvazione del decreto. L’unica perplessità è che i soldi della privatizzazione sarebbero dovuti servire per abbattere il debito. In ogni caso pare che — seppur non sia arrivata ancora nessuna proposta ufficiale — le manifestazioni di interesse per la gestione della casa da gioco ci siano, tanto che a Ca’ Farsetti si ostenta tranquillità.
Le preoccupazioni ora sono tutte rivolte ai dipendenti anche perché qualora non arrivasse il «Salva Venezia» la reazione dei comunali rischierebbe di essere incontrollabile. Le ripercussioni sullo stipendio vanno dai 100 ai 500 euro a seconda delle mansioni. Rimarrebbe infatti solo la parte dello stipendio prevista dal contratto nazionale di lavoro senza l’integrativo, vengono cioè cancellate le indennità e il contratto decentrato. I più colpiti sarebbero gli agenti della polizia municipale, seguiti dagli operatori delle segreterie e da chi svolge servizi con progetti particolari. Ci sarebbe poi il problema legato alle supplenze negli asili che non sarebbero più possibili. Inevitabile quindi l’effetto a catena su tutte le attività del Comune, da quelle interne (consigli comunali e commissioni solo alla mattina per l’impedimento dei dipendenti di fare straordinari) a quelle esterne (i progetti in strada). Un po’ più di fiducia c’è con il voto in commissione di ieri sera, «ma bisognerà vedere cosa succederà in aula», dice il senatore pd Giorgio Santini. «L’approvazione della norma che evita di scaricare sui dipendenti del Comune lo sforamento del Patto di stabilità è un importante passo avanti voluto dalla determinazione con la quale abbiamo, tutti insieme, perseguito questo obiettivo — commenta il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta —. Ora lavoriamo per la definitiva approvazione del decreto, pur in questa delicata situazione politica». Mancano dieci giorni al termine ultimo, ma prima dovrà essere approvato (21 febbraio) lo «Svuotacarceri» e il decreto «Destinazione Italia».
F.B.

2014-02-19T14:57:25+01:00 19 Febbraio 2014|News, Notizie dal Veneto, Rassegna stampa|

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