«Salva Venezia», Giorgio Napolitano stralcia il provvedimento dal Milleproroghe. La sorpresa è arrivata ieri pomeriggio poco dopo le 15. Il sindaco era già andato via dal Comune quando il premier Enrico Letta lo ha chiamato. «Mi ha spiegato il problema e assicurato che sarà risolto il più presto possibile», dice Giorgio Orsoni. Ieri, il presidente della Repubblica ha snellito il decreto legge approvato dal consiglio dei ministri, sdoppiandolo in due provvedimenti ed eliminando gli atti che non rientravano direttamente con l’intervento del governo. Tra questi, anche l’articolo 15 con le attenuazioni alle sanzioni per l’uscita dal patto di stabilità di Venezia. Una doccia gelata per la città dopo due giorni di dichiarazioni di soddisfazione da più parti. Sindaco e vicesindaco si sono subito riuniti per capire gli effetti. Senza l’articolo veneziano, Cà Farsetti deve infatti agire come se le sanzioni per l’uscita dal Patto di stabilità non fossero mitigate. Le rassicurazioni del premier Letta tranquillizzano però la giunta. «Confermiamo la decisione di pervenire all’approvazione della norma sull’allentamento dei vincoli del patto di stabilità per la città di Venezia nel primo provvedimento utile – si legge in una nota di palazzo Chigi – La norma non ha trovato collocazione nei due decreti in pubblicazione per l’esigenza di assicurare snellezza, rigorosità e omogeneità». L’amministrazione rimane con il fiato sospeso in attesa che da Roma arrivino buone notizie. «Confido in Letta – continua il sindaco – sono dispiaciuto del contrattempo». Il cosiddetto «salva Venezia» prevede che il capoluogo del Veneto perda 14 milioni di euro di trasferimenti romani invece di 40 e che gli amministratori si riducano il compenso del 30 per cento, in virtù del fatto che i passati finanziamenti della legge speciale per la salvaguardia della laguna hanno aumentato gli obiettivi del Patto, penalizzando la città. Da un decennio, i fondi statali per tutela della città non ci sono più ma appunto continuano ad essere conteggiati ai fini del Patto. Il Comune, in realtà, contava di fare a meno di provvedimenti romani mettendo a gara la gestione del Casinò. La privatizzazione avrebbe fruttato 140 milioni di euro e il patto sarebbe stato rispettato. Le lentezze del governo che ha autorizzato la gara solo a metà dicembre, hanno reso impossibile bandirla e chiuderla entro oggi. E così è scattato il pressing su Roma, con l’aiuto del sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta e dei parlamentari veneziani del Pd, la giunta è riuscita a portare a casa l’articolo del Milleproroghe che ieri è stato eliminato da Napolitano. «In mancanza di un tale intervento già dal 1 gennaio la corretta continuazione dell’azione del Comune è compromessa in particolare nei settori delicati di sicurezza e servizi sociali», conclude Orsoni che ha convocato per oggi la giunta. Le sanzioni impongono lo stop a contratti a tempo determinato, investimenti e mutui e riduzioni, in percentuali diverse a seconda delle mansioni, nella parte dello stipendio dei dipendenti comunali definita dal contratto decentrato. «Nei primi giorni dell’anno il lavoro è ridotto e non abbiamo problemi, fatto salvo i turni di Capodanno e i servizi notturni dei vigili, che non sappiamo se potremo pagare – dice Sandro Simionato, vicesindaco – siamo molto sorpresi di quanto accaduto, di chi ci si può fidare?». L’articolo 15 era stato approvato dal consiglio dei ministri e valutato dai tecnici ministeriali, eppure non è passato al vaglio di Napolitano. «La norma era stata concordata e bollinata dalla Ragioneria generale – precisa Baretta – È un incidente spiacevole che conferma come sia sempre più urgente un diverso modo di produzione legislativa per evitare che a subire gli effetti negativi sia chi ne ha più urgenza». Caustico il commento dell’onorevole veneziano di Scelta civica Enrico Zanetti: «Alla fine si scopre che il “Salva Venezia” slitta ad un futuro decreto – tuona – Letta forse sapendo che il sindaco ritiene che non è un aiuto, ha pensato che non sia così importante».
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