Baretta su Diario del Lavoro: un nuovo modello di sviluppo, logistica, industria sostenibile ed anche una patrimoniale per il rilancio del Paese.

Il Diario del Lavoro ha pubblicato in questi giorni un’intervista al Sottosegretario Pier Paolo Baretta, spaziando fra i vari temi economici in primo piano.
Di seguito le prime domande, il testo completo è disponibile sul sito Il Diario del Lavoro.

Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia, non vede granché rosa sulla possibile ripresa. Gli indicatori non sono positivi, e gli stessi dati presentati dalla Confindustria all’inizio di settembre, dice, “sono un po’ ottimistici, anche se qualcosa di vero c’è’’.  Ma soprattutto, avverte Baretta, all’orizzonte c’è piuttosto il rischio di una ripresa “non solo senza lavoro, ma anche corta, una fiammata di breve durata, priva di una solida base strutturale su cui crescere e consolidarsi’’. In questo caso, avverte il sottosegretario, ‘’il paese finirebbe davvero per chiudere: nel giro di dieci, vent’anni, l’Italia sarebbe fuori da tutti i giochi, forse per sempre’’. Come fare per impedire che questo avvenga? Il sottosegretario propone le sue ricette per quella che definisce ‘’la nuova ricostruzione’’. E che partono, innanzi tutto, da una politica industriale e un nuovo modello di sviluppo. Ma anche da una revisione delle normative sul lavoro e, infine, da una patrimoniale di scopo, che riguardi tutti i cittadini, finalizzata a recuperare le risorse necessarie agli investimenti per rilancio della nostra economia.

Baretta, partiamo dal modello di sviluppo. Cosa intende, esattamente?
‘’E’ noto che tutto l’occidente, ormai, ha un problema di modello di sviluppo. In Italia le cose stanno così: abbiamo vissuto per decenni al di sopra delle nostre possibilità, grazie ad alti livelli di occupazione. Famiglie in cui si lavorava tutti: padri, madri e figli. In casa entravano tre, quattro stipendi, e questo consentiva ai consumi di volare. Oggi non è più così, e occorre riconvertirsi a una maggiore austerità.

La ricetta Merkel, dunque?
Una cosa è criticare l’eccesso di rigorismo europeo, ma anche un modello basato sul consumismo è sbagliato.

I consumi però tengono su l’economia, fanno crescere il Pil.
Ci sono altre strade, altri consumi da incentivare: la green economy è un grande business, gli  investimenti per migliorare la vita collettiva possono a loro volta essere non solo assistenza ma sviluppo. Io penso a una teoria della sobrietà che tenga ben presente la differenza tra benessere e spreco. Faccio l’esempio del cibo: abbiamo uno spreco alimentare che non ha pari al mondo. Davvero il pane deve sempre essere fresco, davvero occorre panificare due o tre volte al giorno, buttando quello ‘’vecchio’’, anche se solo di poche ore?

LEGGI IL RESTO DELL’INTERVISTA SUL SITO IL DIARIO DEL LAVORO

2013-09-25T15:27:34+02:00 25 Settembre 2013|In evidenza, News|

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