Ieri mattina Pier Paolo Baretta, capolista Pd alla Camera nella circoscrizione Veneto 2, ha dedicato alcune ore alle categorie economiche di Chioggia, per ascoltare problemi e proposte insieme a Lucio Tiozzo, consigliere regionale Pd.
La visita è iniziata dal Cogevo, consorzio di cooperative che opera nel campo della vongola di mare. Sono 77 le imprese di pesca di vongola e fasolari della città, con un indotto di altre 100 aziende. Realtà minacciate dall’intervento dell’uomo sul territorio: Mose, rigassificatore e porto off shore. Le rigidità dei regolamenti europei e gli studi di settore sono altri problemi messi sul tavolo. È emersa poi la questione degli aiuti ricevuti dal settore a Chioggia negli anni ’90, irregolari secondo la Ue che ne chiede la restituzione con gli interessi. Le richieste: “un piano regolatore per il nostro mare per poter programmare il nostro lavoro e un sottosegretario alla pesca”.
Baretta ha risposto che “effettivamente manca la voce della pesca nelle grandi scelte di politica di sviluppo. Il problema dei regolamenti europei è molto serio e va affrontato”. Ha quindi promesso di affrontare la questione dei rimborsi degli aiuti. Sulle grandi opere “bisogna che ci siate ai tavoli di concertazione, nella fase di programmazione. Non si può far finta che può stare in piedi tutto, perché alcune cose sono evidentemente incompatibili. Bisogna quindi capire bene cosa è conciliabile e cosa no, per poter poi fare delle scelte”.
Il secondo impegno della mattinata è stato l’incontro con le categorie economiche. Agli imprenditori Baretta ha spiegato che le priorità sono il sostegno al modello industriale, l’innovazione, la valorizzazione del settore agroalimentare, l’investimento su turismo e cultura. Alle richieste degli interlocutori ha risposto che “nel concreto, puntiamo a ridurre le tasse su impresa e lavoro, perché sono quelle che più direttamente entrano nel circuito economico. Prevediamo una riduzione progressiva dell’Irap per le aziende che assumono e stabilizzano e la defiscalizzazione degli utili reinvestiti nell’impresa. Il Patto di stabilità va smontato, perché impedisce ai comuni che hanno le risorse di poterle utilizzare, ad esempio realizzando un piano di piccole opere e pagando i debiti con le piccole aziende, che ormai arrivano a 180 giorni”. Sul fronte del lavoro, ha sottolineato: “Ci sono troppe forme di contratto. Ne bastano tre o quattro: lavoro autonomo, a tempo indeterminato, a chiamata, stagionale. Tutto il resto è superfluo. Ai giovani dobbiamo consentire di avere accesso al credito, perchè il modo migliore per sostenere la famiglia è consentire che venga creata. Infine, sulle pensioni dobbiamo consentire a flessibilità in uscita”.
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