La Storia sindacale è fatta anche di momenti difficili che vanno affrontati con l’occhio rivolto alla prospettiva. Non si butta via un investimento della portata di quello previsto a Mirafiori, tanto più in una crisi come l’attuale. Il dubbio che Marchionne cerchi la scusa per non far niente non è una buona ragione per rinunciare alla prospettiva di lavoro per migliaia di persone. Le condizioni lavorative concordate (turni, ritmi, pause, cadenze,…) sono certamente faticose, ma non difformi dalla casistica di gestione degli impianti in condizioni di crisi. Peraltro, come tutti gli accordi, anche questo è il risultato di una condizione congiunturale e non è immodificabile in futuro. Il più clamoroso errore della Fiom sta qui: aver confuso la difesa di “diritti” considerati inalienabili con la difesa dello statu quo, dimostrando intransigenza proprio sulla parte sindacalmente più negoziabile: l’organizzazione del lavoro. Ma non si tratta di un errore casuale. La formazione, che è in atto, di un “cartello delle sinistre” costituito dalla Fiom, dall’Idv, Sel, Rifondazione e dintorni e dai movimenti, costituisce una deriva verso una rappresentanza del lavoro tutta ed esclusivamente politica, che assume l’antagonismo sociale come metro di misura della costruzione dei rapporti politici. La rinuncia all’autonoma iniziativa sindacale rispetto alla politica può andar bene alla a sinistra radicale, che ha un approccio ideologico e, tutto sommato, estraneo alla vita reale delle “officine”; ma che lo pratichi un “sindacato”, come presume di essere la Fiom, ha dell’incredibile. Questo approccio finisce per incrociarsi sullo stesso terreno del governo che persegue la divisione tra i sindacati per piegare il sociale allo schema bipolare, nel tentativo di costruire un altro “cartello”, comprendente altri sindacati, imprenditori, associazioni.
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