Ridurre il debito ed aumentare la crescita è la principale sfida di politica economica e sociale che l’Italia deve affrontare. Le recenti decisioni europee rendono urgente una presa di coscienza e una condivisione nazionale delle scelte da compiere. Come nelle missioni internazionali, alle quali è chiamata l’Italia per la difesa della pace e dei diritti nel mondo, prevale ormai, oltre le legittime differenze, uno “spirito nazionale”, così dovrebbe avvenire per una questione di tanta importanza per il nostro futuro quale è la strategia di uscita dalla crisi. I tempi stringono: il Parlamento ne sta discutendo e adotterà in questi giorni una risoluzione sulla “analisi annuale della crescita” che l’Europa ha consegnato agli Stati membri e tra poche settimane, sulla scorta delle indicazioni in essa contenute, il governo dovrà presentare alla Ue il “Piano nazionale delle riforme”. Già la terminologia adottata per questi due fondamentali documenti di programmazione: “crescita” e “riforme” conferma il salto di qualità previsto dalla governance europea. Con l’avvio, da quest’anno, del semestre europeo possiamo dire che se, finora, era da Roma (Parigi, Berlino, Madrid, eccetera) che si guardava, anche con sufficienza a Bruxelles, ora è dall’Europa e dalle sue priorità generali che si guarda ai singoli territori nazionali. Il diffuso euroscetticismo, i rinculi localistici, l’ambiguità delle cancellerie, i ritardi sul fisco e sul welfare, ma, soprattutto, sulla unificazione politica, fanno apparire tutto in salita il cammino europeista, ma un altro dado è stato tratto.
Scrivi un commento