Dichiarazione di voto dell’on. Pier Paolo Baretta, capogruppo Pd in commissione Bilancio, sulla Legge per l’attuazione del pareggio di bilancio recentemente inserita nella Costituzione.
PIER PAOLO BARETTA – Signor Presidente, colleghi, in queste ore delicate e convulse di fine legislatura, mentre le cronache si ingegnano a conteggiare il numero dei provvedimenti che non andranno a buon fine, la Camera dei deputati si appresta stamattina a compiere un importante atto di responsabilità, votando convintamente la proposta di legge che applica il nuovo articolo 81 della Costituzione.
Si tratta di una legge particolare, rafforzata, dunque non modificabile da un altra legge ordinaria, ma soltanto da un provvedimento ad hoc, a significare che stiamo deliberando su un aspetto particolarmente pregnante e vincolante del nostro impegno futuro. Questo ha implicato un’attenzione particolare ai contenuti in merito che stiamo adottando. Non deve trarre in inganno la rapidità con la qualela Commissione bilancio ha varato questa proposta di legge, perché tutti sappiamo che alle spalle c’è stato un lungo lavoro, che ha visto negli ultimi tre anni dapprima la riforma della legge di bilancio per ben due volte e successivamente la riforma della Costituzione e la legge applicativa, che ha rimandato finalmente a questa legge rinforzata.
In questo lungo itinerario ci siamo confrontati schiettamente tra di noi, abbiamo discusso partendo da posizioni differenti, ma alla fine abbiamo scelto e – voglio dirlo con chiarezza, signor Presidente – abbiamo in tal modo costruito quella che in occasione del voto sulla riforma del bilancio avevo definito “una nuova cultura di bilancio”, che non è solo la burocratica applicazione delle disposizioni europee, ma l’autonoma convinzione del nostro Paese che tali regole, pur necessarie in questa congiuntura storica di crisi finanziaria degli Stati sovrani, non possano rappresentare una gabbia che impedisce ai Governi democraticamente eletti di compiere scelte responsabili che abbiano a cuore il benessere dei propri popoli.
Per questo, per quanto ci riguarda, abbiamo sempre affermato che l’abbattimento del pesante debito che attanaglia l’Italia non è un atto di cortesia che facciamo all’Europa, ma è una libera quanto necessaria scelta che adottiamo per la nostra salute pubblica. Questo, collega Simonetti, è il modo di rispondere ai mercati: non dicendo “chi se ne frega”, ma approntando una buona politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Per questo con la stessa chiarezza e convinzione sosteniamo che il rientro dal debito a partire dal pareggio di bilancio non sono un esercizio burocratico, ma implicano scelte di priorità, di programmazione e – intendo dire – addirittura di libertà, non solo del Governo nazionale, ma di Parlamento e Governo insieme.
Non è in discussione per quanto ci riguarda l’opzione verso una costruzione europea più definitiva, ma è proprio questa prospettiva di un Governo politico dell’Unione che rende ancora più decisiva la discussione sulla strada da intraprendere. Per questo, dopo un serio dibattito, siamo approdati alla modifica dell’articolo 81 della Costituzione con una soluzione che è stata poco approfondita e che talvolta è stata prospettata all’opinione pubblica come la semplice applicazione del pareggio di bilancio inteso, per l’appunto, come quella gabbia imposta dall’esterno. Ma noi sappiamo che non è così.
Il nuovo articolo 81 della Costituzione – è bene riaffermarlo qui – ha scelto una strada ben diversa. Ben sappiamo, signor Presidente, quanta importanza hanno le parole nella nostra vita, nel nostro agire, e quanto solenne sia la scelta delle parole negli atti ufficiali e in politica. Ecco perché avere scelto la parola “equilibrio” e non la parola “pareggio” ha una logica precisa. A rendere esplicita questa logica è la successiva descrizione di come questo equilibrio di bilancio si realizza, assumendo cioè, da un lato, l’esigenza nelle politiche di Governo di confrontarsi con il ciclo negativo delle congiunture economiche, prevedendo la possibilità di scostamento in caso di particolare avversità. Ma questa possibilità di movimento non nasconde alcun alibi o lassismo, in quanto ogni obbligata deviazione dall’obiettivo di bilancio attivo (perché – diciamolo con chiarezza – il pareggio dell’obiettivo non è molto ambizioso, dobbiamo tendere ad un bilancio attivo) va decisa con un’azione parlamentare preventiva, che lo modifichi, lo discuta, lo autorizzi a maggioranza qualificata, dunque attraverso la formulazione di un piano esplicito di rientro che ne indichi le modalità ed i tempi.
Cosa significa, infatti, misurarsi con un ciclo negativo se non prendere decisioni difficili, come ad esempio abbiamo fatto nella recente legge di stabilità, in cui, pur nelle evidenti difficoltà finanziarie, non abbiamo rinunciato ad interventi che sostenessero le famiglie e le imprese, interpretando queste ultime come un modo efficace di migliorare le condizioni generali della nostra economia? Cosa significa impegnarci esplicitamente in politiche di rientro definite se non, ad esempio, sostenere – come noi facciamo da tempo – che bisogna adottare, per abbattere il debito, politiche straordinarie, quali una maggiore capacità di combattere l’evasione fiscale o una oculata politica di gestione del patrimonio pubblico o, addirittura, una revisione del patto di stabilità interno, che tanto deprime i nostri comuni con conseguenze negative per i cittadini? Tutto ciò con la scelta compiuta nella revisione della Costituzione troverà una nuova sistematicità e una nuova responsabilità.
Questa lunga descrizione delle scelte compiute riscrivendo l’articolo 81 della Costituzione era indispensabile, sia per mettere un punto fermo tra di noi, sia perché ci consente di comprendere quanto è stato previsto in questa legge rafforzata che a questi principi si ispira. Ecco, dunque, perché abbiamo previsto con questa legge che la gestione della finanza pubblica, la formazione del bilancio dello Stato e delle amministrazioni decentrate, la stessa descrizione contabile, che si avvia finalmente ad una revisione e semplificazione, siano ispirati a due chiari principi: la esplicita responsabilità dei decisori nelle scelte da adottare e l’indipendenza nella formazione della lettura dei processi contabili. Nel primo caso si valorizza il ruolo programmatico dei Governi e quello decisionale di controllo del Parlamento; lo si fa attraverso norme che intervengono sui livelli di spesa, sulla coerenza degli obiettivi nazionali con quelli dei tassi europei; si tiene cioè sotto controllo il flusso finanziario pubblico, si gestisce il risanamento, ma non si rinuncia ad una gestione intelligente dei bilanci.
Il dibattito su questo punto presenta un’ambiguità che va sciolta. L’adesione al pareggio di bilancio anche in presenza di uno scostamento dello 0,5 è considerato dal fiscal compact come legittimo, ma ciò non significa non aver chiaro che tutta la politica europea dovrà essere sottoposta ad una riflessione critica, che anche il nostro Governo ha iniziato.
Questa revisione non punterà ad allentare i vincoli, ma a migliorarli e ad affiancarli a politiche espansive. Per dirla chiaramente, non è finita l’epoca del risanamento, ma è finita quella del solo rigore senza crescita e senza equità.
Nel secondo caso si dà vita, come, peraltro, definito in sede europea, ad una nuova capacità di contribuire a decisioni di politica attraverso un’offerta di valutazione della realtà finanziaria che non abbia come obiettivo soltanto la congruità delle decisioni, come oggi autorevolmente avviene, ma anche altri compiti.
Oggi queste capacità sono ben presenti, a cominciare dagli uffici parlamentari, della Camera in particolare, ai quali vanno riconosciute l’alta competenza e la professionalità che rendono del tutto legittimo il ruolo che dovranno assumere nella gestione del fiscal council, ma anche dai nostri abituali interlocutori (Banca d’Italia e Corte dei conti) o dai compiti assegnati ogni giorno alla Ragioneria generale dello Stato.
Voglio dire a questo proposito – una volta per tutte, se è possibile – che il fatto che noi interloquiamo quotidianamente con questo importantissimo istituto, talvolta anche dialetticamente, non ci fa confondere sulla sua autorevolezza e competenza e sull’importanza insostituibile del contributo che esso dà, anche al nostro lavoro quotidiano, proprio in ossequio a quella parte dell’articolo 81 che riguarda l’aspetto delle coperture delle leggi che noi deliberiamo.
Sulla natura di questo istituto si è molto dibattuto e, probabilmente, permangono opinioni articolate in ordine alla sua natura monocratica o collegiale. Molti auditi (Banca d’Italia in particolare) hanno sostenuto la soluzione monocratica. In molti Paesi, però, è stata scelta la soluzione collegiale. Per questa ragione,la Cameraaveva optato per questa opzione, ma, nelle ultime ore, accogliendo le diverse sensibilità, si è prospettato per una soluzione che definirei presidenziale. In ogni caso, ora la proposta di legge passa al Senato per le eventuali ulteriori valutazioni.
La discussione ha apportato alla proposta di legge originaria modifiche di rilievo prodotte in un confronto tra tutti noi e mantenendo una relazione sui punti più controversi con tutti i gruppi e anche, come ho detto, con i colleghi del Senato. Questo percorso ci consente ora di votare il provvedimento con il consenso di tutti i gruppi. Sappiamo quanto anchela Presidenzadella Repubblica consideri importante l’approvazione di questa legge applicativa, che rafforza il percorso di stabilità.
Signor Presidente, concludendo, la legittimazione della politica non è mai un processo definitivo, va rinnovata costantemente, tanto più in questa fase. Io penso e noi pensiamo che la prima legittimazione passi per la serietà e l’autorevolezza del lavoro parlamentare. A questo criterio, anche in questo caso, ci siamo dedicati.
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