Nella serata di ieri si è svolta a Martellago un’assemblea aperta con i circoli del Partito Democratico del Miranese, per un’analisi del voto del 4 marzo scorso.
“Alle recenti elezioni politiche hanno vinto paure e speranze – ha dichiarato Baretta -. Sono forze degne di considerazione, anche quando non sono condivisibili, anche quando pensiamo siano strumentalizzate, poiché le emozioni e gli interessi stanno alla base del comportamento umano. In questi anni, mentre facevamo al meglio il nostro lavoro di governo e costruivamo risposte economiche e di diritti alla drammatica crisi che abbiamo dovuto affrontare e alla quale abbiamo iniziato a porre rimedio, siamo stati in grado di ascoltarle? Quanto siamo entrati in sintonia col vissuto profondo delle persone? Quante volte, in buona fede, siamo stati intimoriti di fronte alle paure e incerti di fronte alle speranze? Chiediamocelo, senza disconoscere quanto di buono abbiamo fatto, ma anche capendo che la domanda di sicurezza e di futuro è stata più forte delle risposte che abbiamo dato”.
“Pensiamo alla linea che abbiamo tenuto sul versante della legge Fornero – ha aggiunto -, abbiamo dato la sola risposta possibile: allargare la possibilità di pensionamento anticipato attraverso la flessibilità in uscita, ma il fastidio per l’allungamento dell’età di pensione era ben più forte delle nostre giuste soluzioni di merito. Pensiamo al referendum sull’autonomia veneta, col nostro incerto “sì critico”. O, ancora, all’immigrazione: siamo apparsi tardivi sulla linea di maggior fermezza e timorosi nell’accoglienza (lo “Ius soli”!). E, in tema di lavoro e di incertezza economica, le risposte del Governo sono state molte, ma non sufficienti”.
Non soltanto la modalità di comunicazione con gli elettori ha determinato l’esito finale, ma anche una diversa organizzazione. “Pur non essendosi organizzati secondo gli schemi tradizionali, i vincitori sono comunque riusciti ad intercettare la gente – ha detto Baretta -. E lo hanno fatto nel territorio, nei bar, sui social. In questo contesto, dunque, cosa significa ripartire dai circoli? Significa lavorare per un costante rapporto diretto con i cittadini e con la Rete, capace di sfruttare fino in fondo i vantaggi della modernità, ma ben coscienti dei limiti che ciò comporta”.
“Ma significa anche rinsaldare i rapporti fra le ‘tre gambe’ su cui posa la politica – ha proseguito -: amministratori, militanti e rappresentanza sociale (dalla Chiesa, ai sindacati, all’impresa). Tre aspetti che devono rimanere uniti in un processo di coinvolgimento, e su questo possiamo migliorare”.
“Ripartire, dunque, da tutto ciò ma con uno sguardo rivolto all’esterno – la strada indicata dal sottosegretario -. I vincitori raggiungono, insieme, una percentuale importante, la maggioranza relativa. Ma esiste una… minoranza relativa che è alternativa a 5 Stelle e Lega e che noi dobbiamo saper interpretare ed è molto più ampia rispetto a quella che siamo stati capaci di intercettare con il voto. Si pensi al “Paese rancoroso” di cui parla il Censis in rapporto alle “periferie esistenziali” di cui parla Papa Francesco. Le solitudini del nostro tempo, presenti nei nostri territori e che prescindono dal reddito”.
“Contiamo allora su un periodo, più o meno lungo, di opposizione, impegnandoci a partire da questi giorni nelle prossime sfide – ha concluso -. In vista delle amministrative, che dobbiamo vincere, perchè sono il primo test del cambiamento. Prepariamo, dunque, sin d’ora i prossimi appuntamenti: le europee del prossimo anno e la vera scadenza, le regionali del 2020”.
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