Il problema esiste e va risolto. Mi riferisco, ovviamente, ai costi della politica. Se, però, almeno i giornalisti e i politici contenessero il tasso di demagogia con il quale approcciano l’argomento e distinguessero il grano dal loglio, cominciando col raccontare ai cittadini la realtà di oggi e non solo gli sprechi passati, la ricerca delle soluzioni risulterebbe più agevole e seria. Non c’è dubbio, però, che la classe politica, o meglio la sua dirigenza, ha, in questi anni, indugiato troppo. Una specie di senso di colpa l’ha portata a non fare argine alla parte più esasperata e giustizialista delle contestazioni (anzi, in taluni casi l’ha cavalcata), quasi vergognandosi di difendere a pieno titolo la dignità dei politici. Al tempo stesso, ha sottovalutato (questo sì tipico da “casta”) la natura e la profondità dei nuovi fenomeni sociali in atto, non arrivando mai a proporre una riforma organica degli assetti istituzionali, della legge elettorale e dei costi e funzioni della politica. Di fronte all’onda montante, si è, via via, rinculato, ricorrendo a tamponi progressivi, talvolta pesanti per gli interessati, ma, obiettivamente, del tutto insufficienti agli occhi di un’opinione pubblica sempre più irritata. Ed ora, che l’argine è travolto, si pensa, ancora una volta, di placare il… popolo con soluzioni affrettate, dove tutti sono uguali e persino il governo di Bisignani e delle escort può rifarsi una… verginità indossando i panni del moralizzatore, con Tremonti novello Savonarola. E, invece, non siamo tutti uguali. Non lo siamo tra partiti, non lo siamo dentro i partiti. I moralisti con 4 legislature alle spalle, che predicano la inderogabile esigenza di tagliare… fatto salvo i diritti acquisiti, non sono uguali ai giovani parlamentari ed amministratori che arrivano ora e fanno i conti con il disprezzo diffuso, di cui non hanno colpe, verso il loro impegno. I professionisti, che, facendo politica, godono, ben per loro, di risorse proprie, non sono uguali ai nuovi politici che prima di essere eletti erano operai, impiegati, insegnanti, lavoratori dipendenti, che devono pagarsi, con le attuali regole, la pensione Inps se non la vogliono perdere. Siamo tutti “nominati”, ma non siamo tutti sfaticati e benestanti. Sicché, il rischio che si corre, nella ricerca delle soluzioni da adottare è che, per eccesso di zelo, si produca, come talvolta succede, un effetto indesiderato: quello che, punita più la politica tout-court che la casta, ci resti tra le mani una politica per soli ricchi. Il mondo è cambiato dall’Assemblea Costituente e, dunque vanno cambiate le regole, a cominciare dal vitalizio, ma le motivazioni che portarono i padri costituenti a istituire formule (tra cui lo stesso vitalizio) pensate in positivo per garantire la autonomia e la indipendenza degli eletti, in primis i parlamentari, non vanno smarrite! Questo ragionamento non porta a dire che non bisogna intervenire; al contrario, che ci vuole più coraggio, più, determinazione e… più metodo. Proviamo a vedere come.
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