Distinzione normativa e fiscale tra assistenza e previdenza, agevolazioni fiscali, innovazioni normative, rappresentanza complessiva del nuovo settore. Questi i principali punti su cui lavorare per un nuovo welfare familiare, secondo il sottosegretario all’Economia e alle Finanze Pier Paolo Baretta che ha partecipato oggi al convegno “Famiglie datori di lavoro e welfare” organizzato da Domina, Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico, a Venezia.
“Abbiamo il compito, il dovere, la necessità di operare un salto di qualità innanzitutto culturale – ha esordito Baretta –. Le ragioni per le quali il lavoro domestico necessita di assumere una logica di professionalità vera e propria si riconducono a due fattori: innanzitutto la tendenza al lavoro professionale di tutti i componenti del nucleo familiare si va diffondendo. Il secondo dato, straordinario, citato stamattina è quello relativo all’elevato livello di invecchiamento della nostra società: una bella notizia, che tuttavia comporta alcune conseguenze sul piano economico e di organizzazione dello Stato. La domanda di beni e servizi, infatti, è destinata a crescere sensibilmente: oggi si inizia a parlare di silver economy, non soltanto in termini di assistenza ma anche di spesa complessiva degli over 65. Un processo forte e irreversibile che andrebbe vissuto come risorsa, e non come problema”.
“Il vero problema – ha proseguito – è che la politica e gli operatori economici si devono occupare di questa società, diversa, che va ripensata anche in funzione di questi dati. Dunque, se la domanda di beni e servizi è destinata ad aumentare, è evidente che lo Stato da solo non può far fronte da solo alla crescente domanda di welfare. Al contrario, dobbiamo pensare a un pubblico migliore, efficiente, con maggiore capacità di controllo e indirizzo, ma in grado di avvalersi della collaborazione forte di un privato sociale che viva il welfare come condizione, anche di business, ma in un’ottica di miglioramento della prestazioni alla società. In quest’ottica, il lavoro domestico è uno dei tasselli fondamentali, ma non l’unico. Anche il lavoro di cura, nel rapporto tra gestione della parte residenziale in famiglia o della parte residenziale in strutture localizzate, è un aspetto assolutamente da non sottovalutare”.
“Se questa premessa, finalmente, riuscisse a diventare patrimonio di tutti, allora dovremmo agire sulle principali conseguenze – ha dichiarato Baretta –. Innanzitutto bisogna definitivamente operare una distinzione normativa e fiscale tra l’assistenza e la previdenza poiché oggi, in Italia, la contabilità è confusa. Inoltre, occorre mettersi nell’ottica di un percorso di agevolazioni fiscali, ricordando che ogni agevolazione comporta delle coperture. Il soggetto dell’agevolazione è la famiglia, che diventa datore di lavoro e quindi, in qualche modo, si può assimilare alla figura del datore di lavoro, in molti casi datore di lavoro di se stesso, visto che l’assistenza spesso è svolta da un familiare. Gli effetti di agevolazioni fiscali potrebbero essere straordinari, facendo emergere quel nero che potrebbe essere reinvestito nello stesso settore, in questo caso nella famiglia. Ma bisogna lavorare anche su innovazioni normative, cosicché il lavoro di cura sia dotato di strumenti non solo fiscali ma anche normativi che lo rendano protagonista. Infine, si pone un problema di rappresentanza complessiva di questo mondo, che si realizzerà qualora venga assunto il concetto di professionalità. Il quale, però, implica un percorso di formazione. Solo in questo modo – ha concluso Baretta – il Paese sarà pronto. Senza questi passaggi, non saremo all’altezza del problema”.
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