Il sottosegretario all’Economia ha partecipato all’assemblea ordinaria di Federcasse-Bcc che si è tenuta oggi al Palazzo dei Congressi all’Eur. Questo il discorso rivolto alla platea.
Caro Presidente, cari Presidenti, e cari amici,
È con vero piacere che partecipo ai lavori della vostra Assemblea e che vi porto il saluto, caloroso ed amichevole, del ministro Piercarlo Padoan.
Come sapete abbiamo seguito con attenzione, e vorrei dire con passione, le vicende del credito cooperativo in questa complessa fase di trasformazione. Abbiamo partecipato alle vostre scelte, le abbiamo stimolate, favorite e accompagnate; discusse e sempre rispettate, anche quando abbiamo constatato che esse non coincidevano con le attese che ci eravamo dati.
Ma, voglio dirlo subito, in apertura del mio intervento, su tutto ha sempre fatto premio l’idea che noi abbiamo, ossia che lo sviluppo economico e sociale di un paese moderno, civile e democratico si fonda su una fertile presenza di un pluralismo di soggetti economici che contribuiscono, ognuno per il proprio campo e la propria vocazione, tutti insieme, al bene comune.
In questo pluralismo noi ci muoviamo con imparzialità, ma non con neutralità.
La nostra idea di società è legata ai valori di solidarietà, di sussidiarietà, di partecipazione, in una parola, di democrazia economica.
Per questo siamo attenti al mondo della cooperazione e lo incoraggiamo ad assumere sempre più un ruolo centrale nella vita economica italiana, lo incoraggiamo a difendere i valori che lo guidano, ma anche a riformarsi nelle strutture e nell’organizzazione. E, non ultimo, a restare unito nella sua rappresentanza confederale; in particolare – e mi permetto dì raccomandarlo in questa sala – a livello regionale e territoriale.
Il credito cooperativo ha saputo comprendere il messaggio innovatore che le sfide della contemporaneità impongono, scegliendo un percorso di autoriforma che è stato apprezzato e che ha portato a un risultato importante.
Certo, noi avremmo preferito, lo sapete – e sarebbe poco rispettoso della nostra “amicizia” (se mi posso permettere di dire così!) se non lo dicessimo – avremmo preferito che si fosse raggiunto il traguardo del gruppo unico.
La ragione è semplice: come ho avuto modo di dire in più occasioni, in coerenza con quella impostazione valoriale sopra descritta, abbiamo fatto il tifo per una soluzione che avrebbe potuto portare il sistema finanziario italiano a ispirazione mutualistica a diventare il terzo gruppo bancario italiano. Ragioni economiche e motivazionali hanno ispirato la nostra opzione.
Con la stessa chiarezza, però, riconosciamo, convinti, la straordinaria importanza del risultato raggiunto, che, come Governo, abbiamo voluto salvaguardasse il modello specifico della realtà italiana; e, cioè, da un lato, l’autonomia del territorio e delle singole banche che lo rappresentano e, dall’altro, l’esplicita vocazione mutualistica, con tutto che ne consegue.
La riforma del credito cooperativo è, perciò, una riforma riuscita, una buona riforma che va, dunque, rapidamente completata.
Non indugiate, dunque, e date vita, al più presto, alle soluzioni che avete avviato.
La ripresa incalza e c’è bisogno di voi!
C’è bisogno che ridiamo fiato a un’economia sociale che dia un’anima alla crescita.
Non è un orizzonte immaginario se, proprio nei giorni scorsi, a Göteborg, un’Europa divisa e in difficoltà, ha sentito il bisogno di rifarsi a una idea sociale per imboccare la strada impervia dell’uscita condivisa dalla crisi.
Non possiamo dimenticare che quando si sono dovuti affrontare i momenti più duri della crisi, economica, che ha fiaccato imprese e famiglie, proprio questa concezione comunitaria, che voi interpretate, ci ha consentito, anche attraverso una finanza attenta e non speculativa, di superare l’emergenza.
Possiamo dimenticarcene oggi che siamo di fronte a una fondata ripresa economica?
Dopo anni di fatiche, di sacrifici, di tenaci riforme, di determinazione, finalmente la ripresa è sotto i nostri occhi.
Ci confortano i risultati acquisiti, ma come ci ricorda sempre il Presidente del Consiglio, non ci accontentiamo.
Non ci sfuggono, infatti, le debolezze che ancora ci attanagliano.
Non ci sfugge che questa ripresa, che c’è ed è certa, non è però ancora percepita da molti, soprattutto famiglie e imprese, soprattutto piccole e medie.
E non sfugge a voi che questo dipende molto dal lavoro, dal reddito, dai servizi, ma anche dalla fluidità finanziaria che consente di attivare il circolo virtuoso dell’intraprendere, del redistribuire, del transitare dall’emergenza alla normalità.
Il nostro compito, dunque, è consolidare la ripresa e occuparci della sua qualità.
A questa linea sono ispirate le scelte più importanti di questi giorni, nei quali siamo impegnati nella legge di bilancio. Il lavoro ai giovani, attraverso sgravi fiscali strutturali, il rifinanziamento del 4.0, con una nuova attenzione alla formazione, una giusta risposta al disagio sociale, in particolare ai poveri e un impegno di ben 16 miliardi per evitare che aumenti l’IVA, sono gli assi portanti della nostra azione.
Un’azione che tende a rilanciare strutturalmente la nostra economia sulla base di una visione di quella che con un linguaggio obsoleto, ma efficace, potremo ancora chiamare: una buona politica industriale.
Siamo, infatti, il secondo paese industriale d’Europa dopo la Germania, e dopo la crisi. Guai a parlare di post-industriale.
Siamo, soprattutto un paese di piccole e piccolissime imprese che guardano all’export e che hanno bisogno di innovarsi.
Siamo il primo paese al mondo per patrimonio artistico e monumentale, inserito in un ambiente ospitale. Il turismo e la cultura sono il nostro miglior biglietto da visita.
Siamo, infine, una naturale piattaforma logistica nel Mediterraneo, tornato a essere, nel bene e nel male, il centro dei “traffici” di questa ripresa economica e commerciale. Dunque, la miglior porta verso il centro e l’est Europa.
Questa politica necessita di buoni servizi infrastrutturali e digitali, ma anche di una nuova idea di welfare inclusivo e attivo, che non escluda i più deboli, che non abbandoni gli anziani. Non solo perché è immorale, ma perché è… antieconomico!
Tutto ciò ha bisogno di imprenditorialità, ma anche e, in molti casi, soprattutto, di… risorse, di finanziamenti!
Se fossi di fronte a una platea di industriali direi: ecco dove investire; ma, poiché, sono davanti a voi, una platea di banchieri, dico: ecco cosa finanziare…
Un sistema bancario prociclico, purché solido e riformato ed efficiente è, infatti, una delle condizioni di base della riuscita di questa strategia.
Ci siamo dedicati molto alla salvaguardia del sistema bancario italiano, al suo risanamento, al suo rilancio.
Molto è stato fatto, e con successo, ma molto resta da fare.
In un contesto europeo non dei più favorevoli, anzi, diciamolo chiaramente, portatore di logiche sbagliate e, in alcuni casi, ottuse, di regolazione del sistema bancario – che i nostri colleghi parlamentari europei non smettono di evidenziare e di lavorare per correggere – quanto, al contrario, è stata ed è, tuttora, intelligente la gestione della politica monetaria, abbiamo evitato il tracollo attraverso interventi controcorrente, che, alla lunga, si stanno dimostrando giusti.
Nelle due grandi riforme: quella delle 10 più grandi banche popolari – esercitata d’autorità perché costretti da resistenze che poi hanno rilevato, come nel caso delle Venete, la malsana ragione che le ispirava – quella del credito cooperativo, condotta, all’opposto, in maniera coordinata e preventiva – abbiamo consentito al sistema di affrontare o prevenire rischi ben più gravi.
E, quando anche siamo stati costretti a intervenire direttamente, di fronte alla drammaticità degli eventi, come nel caso di MPS e delle due Venete, lo abbiamo fatto evitando di adottare il bail-in, che consideriamo inadatto a gestire le crisi.
Per questo ci siamo dotati, per tempo, di uno strumento legislativo di tipo precauzionale, mettendo a disposizione importanti risorse pubbliche, che rappresenta un efficace ombrello di protezione, che speriamo di aver finito di utilizzare, ma che ha bisogno, però, di una visione collaborativa del mercato e, in primis, del sistema industriale e del mondo imprenditoriale che, talvolta, come è accaduto per le due venete, non ha saputo cogliere la opportunità che veniva offerta.
Allo stesso modo abbiamo contribuito, anche attraverso il finanziamento del fondo occupazione, alla possibilità che la riorganizzazione del sistema, che è appena iniziata, a seguito dello straordinario mutamento introdotto dall’innovazione tecnologica, sia socialmente gestibile, riducendo al minimo i traumi sociali e occupazionali.
Va in questa direzione l’intenzione di dare risposta al mondo dei risparmiatori che hanno subito misselling, per contribuire a ripristinare una compromessa fiducia tra banche e cittadini.
È importante, inoltre, anche a tal fine, che facciamo una gestione decisa, ma equilibrata, degli NPL, creando, come stiamo facendo, un mercato attivo, ma non speculativo; affermando la tesi che una loro oculata gestione può trasformarli da problema in un’opportunità di crescita e sviluppo del territorio.
Ma non basta. Il risanamento e il rilancio del sistema bancario sono indispensabili, ma la crescita economica passa anche attraverso una diversificazione del credito. È un obiettivo strategico che vi coinvolge e che fa parte di un’idea positiva di concorrenzialità.
Se solo pensiamo ai Confidi, se valutiamo le potenzialità del microcredito, se osserviamo il successo dei Pir, se mettiamo nel circuito del sostegno alla economia reale i 220 miliardi e oltre detenuti dalle casse di previdenza e dai fondi pensione, se diamo la giusta risposta alle attese del prestito sociale, comprendiamo come siamo di fronte a uno scenario che ci, che vi, interroga sul modo, antico e nuovo, di fare credito, di fare finanza.
Dico ciò volentieri di fronte a una platea che ha una spiccata sensibilità in tal senso e che deve quindi essere protagonista di un salto di qualità.
Infine, la Commissione di inchiesta parlamentare, che, con buona pace dei detrattori, sta operando alacremente, ci consegna, sin dalle sue prime battute, non solo la conoscenza di responsabilità evidenti e gravi, che spetta alla magistratura affrontare, ma anche, a noi legislatori e a voi operatori, l’evidente esigenza di avviare una complessa, delicata, ma necessaria riforma del sistema di controlli e di vigilanza.
È, cari amici, l’insieme di questo itinerario compiuto, di questi impegni che ci attendono e della coscienza della comune responsabilità, che ci fanno dire che, pur nelle difficoltà, possiamo guardare con fiducia al futuro.
A noi è chiesto di creare le condizioni perché ciò avvenga, a voi è chiesto di praticarle.
Grazie e buon lavoro a tutti!
Intervento Federcasse sottosegretario Baretta (pdf – 488 kb)
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