Impresa bene comune, Baretta: “Dimostriamo che la qualità è una condizione necessaria per la competitività”

Questa mattina il sottosegretario all’Economia e alle Finanze Pier Paolo Baretta ha partecipato al convegno “Impresa bene comune: le necessarie competenze dell’imprenditore per condizionare e non essere condizionato”, che ha avuto luogo presso la Biblioteca Antica di Portogruaro, promosso da La Stanza delle Idee, in collaborazione con la Fondazione Portogruaro Campus.

“Due parole si stanno facendo strada – ha dichiarato il sottosegretario –: resilienza, la capacità di interagire con l’ambiente in cui ci troviamo, in un circolo virtuoso che modifica noi stessi e l’ambiente che ci circonda. La seconda espressione è beni comuni, da intendere non soltanto come beni economici universali, ma anche come beni ambientali universali. Quando si parla di impresa bene comune, si intende per l’appunto un’impresa che interagisce con l’ambiente circostante, idea che supera la tradizionale logica del profitto, mettendo al centro il ruolo altamente sociale dell’imprenditore: se l’attività ha successo, ne deriva una maggior occupazione, un maggior benessere per tutti”.

“Penso che la realtà di oggi ci costringa ad una riflessione compiuta sul concetto di impresa bene comune – ha proseguito –. Da un lato troviamo un’idea di competitività e di concorrenza incentrata sui costi, dall’altro l’ipotesi che la competitività derivi dalla qualità. Seguendo la prima strada, però, sbatteremmo contro un muro, basti pensare alla concorrenza che esercita su di noi il mercato cinese. Il biglietto da visita dell’Italia nel mondo, invece, è il Made in Italy: qualità e bellezza. Dall’agroalimentare, al turismo, al bullone, per dire che esiste anche una bellezza intrinseca non estetica, ma legata al prodotto, e dunque alla qualità del processo produttivo. Aspetto a sua volta connesso alla qualità del contesto nel quale avviene la proposta complessiva. Questo è il modo di concepire un’impresa bene comune”.

“È a questo punto che entra in gioco l’aspetto educativo:  bisogna far capire all’imprenditore e al lavoratore che non esiste contraddizione nel costruire un’impresa bene comune ed essere allo stesso tempo competitivi nel mercato. Dobbiamo, dunque, riuscire a dimostrare che la qualità del prodotto, del processo e del contesto, è condizione per una capacità competitiva che consente di stare sul mercato” ha affermato Baretta.

“E questo è il momento ideale agire in questo senso – ha spiegato –: siamo in una fase di ripresa economica, che però da un lato non viene percepita, dall’altro rischia di essere soltanto congiunturale, mentre necessita di essere resa solida e strutturale. A tal fine, dobbiamo essere consapevoli delle nostre potenzialità e vocazioni: siamo il secondo paese industriale dell’Europa, dopo la Germania; il primo Paese al mondo per patrimonio artistico; la naturale piattaforma logistica d’Europa. Ovviamente dobbiamo superare alcuni ritardi, per poter far valere al massimo queste nostre caratteristiche, e impegnarci nella semplificazione fiscale, nella digitalizzazione, e nella creazione di una struttura finanziaria adeguata”.

“L’impresa bene comune è al centro di questo processo – ha detto Baretta –. Ma cosa è stato fatto e cosa ancora si può fare? Siamo il primo Paese al mondo ad aver introdotto di fatto il concetto di impresa bene comune nella nostra legislazione; abbiamo attuato un provvedimento, lo scorso anno, che all’interno del business aziendale qualifica l’aspetto più generale di impresa sociale. Inoltre siamo il primo Paese d’Europa ad aver introdotto quattro nuovi criteri di lettura del Pil, fondati sul concetto di benessere, tali da consentirci una lettura più complessa della realtà. E ancora, abbiamo introdotto, recependo la legislazione europea, l’obbligo di comunicare informazioni di carattere non finanziario per le imprese grandi e per le piccole che desiderano farlo. Vanno ricordati anche gli interventi a favore dell’industria 4.0, vera svolta nel rilancio dell’economia, che verrà riconfermata nella prossima legge di bilancio. Inoltre abbiamo fatto il Patent box, la protezione intellettuale del patrimonio industriale del nostro Paese, e abbiamo introdotto il welfare aziendale. Stiamo lavorando sul pagamento della PA e quest’anno faremo un’ulteriore intervento sulla fatturazione elettronica. Sul versante dell’alternanza scuola-lavoro dobbiamo essere più incisivi. Dal punto di vista finanziario, invece, suggerisco una riflessione più approfondita sui fondi e sulle casse”.

“In questo contesto – ha illustrato il sottosegretario –, l’esperienza del Fondo Serenella è stata importantissima, avendo consentito alla politica di riflettere su un quesito: perché chiudere per crediti? Un tema importante, che mi riconduce al fondo per le vittime di reato bancario, sul quale sto riflettendo. Siamo di fronte a una situazione diversa ma con caratteristiche analoghe: incolpevoli persone si sono trovate a perdere il proprio patrimonio a causa di una gestione bancaria sbagliata. Certo, lo Stato non può rimborsare gli azionisti: sarebbe un controsenso teorico, però possiamo pensare che lo Stato affronti il problema del risparmiatore vittima di mis-selling. Insomma – ha concluso – lo Stato protegge situazioni di difficoltà imputabili agli squilibri e agli errori, o alle colpe, di una gestione economica e finanziaria sbagliata, non solo perché ingiusta con le persone, ma anche perché finisce per compromettere quel progetto più generale di crescita e di sviluppo, che ritengo sia per noi una carta vincente”.

2017-10-21T22:39:36+02:00 21 Ottobre 2017|Comunicati stampa, News, Notizie dal Veneto|

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